mercoledì 20 luglio 2016

Dracula. Vlad III. Introduzione di Matei Cazacu

INTRODUZIONE


Mattia Corvino

Verso la metà di giugno del 1463, la cittadina di Wiener Neustadt, situata a cinquanta chilometri a sud di Vienna, resiednza perdiletta dell'imperatore Federico III d'Asburgo (1440-1493), si ritornò al centro dell'attenzione di tutta l'Europa. Una delegazione ungherese formata da tremila cavalieri, un vero piccolo esercito, si presentò per concludere la pace tra l'imperatore e il suo più coriaceo avversario, il giovane re d'Ungheria Mattia Corvino. La guerra fra i due sovrani imperversava da cinque anni. La posta in gioco era la corona d'Ungheria. Alla morte di Ladislao il Postumo (1457), Federico III, suo tutore, si era fatto proclamare re d'Ungheria dai grandi del regno desiderosi di mantenere il loro paese nell'Impero: ciò a dispetto del fatto che un'altra parte della nobiltà ungherese avesse già eletto come <<re nazionale>> un giovane di quindici anni, Mattia, figlio dell'ex governatore Giovanni Hunydai. A quell'epoca Federico III era in guerra con il re di Boemia Giorgio Podebrad, accusato di simpatizzare  per gli eretici hussiti. La strategia dell'imperatore consisteva nel mantenere sotto la propria tutela i due regni situati l'uno di fronte all'altro, ricchi di giacimenti minerari d'oro e d'argento, mentre i due re, forti dell'appoggio della propria nobiltà e della propria borghesia, rifiutavano questa soluzione che aveva l'effetto di drenare le risorse dei loro paesi nella casse del tesoro imperiale.

Il giovane Mattia, nobile per nascita, discendeva da parte di padre dalla piccola nobiltà valacca (romena) di Transilvania, la più ricca delle provincie ungheresi ma anche la più esposta ai pericoli esterni. Suo padre, Giovanni Hunydai, era nato Iancu (Ianko) di Hunedoara; aveva imparato il mestiere delle armi al servizio del duca Filippo Maria Visconti e, grazie al matrimonio con una nobile ungherese, era asceso al potere diventando reggente del regno e voivoda (governatore) della Transilvania durante la minore età di Ladislao il Postumo (1444-1458).

Giovanni Hunydai aveva difeso il paese contro gli Ottomani, portando anche la guerra sul loro territorio. Volta a volta vincitore e vinto di una lotta incessante durata oltre quattordici anni, morì da eroe difendendo, con Giovanni da Capistrano, la fortezza di Belgrado - all'epoca ungherese - dagli assalti di Maometto III il Conquistatore (1456). Lasciò due figli: il primogenito, accusato di complottare contro il suo sovrano: fu fatto decapitare dal re Ladislao. Mattia dovette invece la salvezza alla sua giovane età.


Giovanni Hunydai

Mattia venne proclamato re dai partigiani dello zio materno e dai suoi alleati. Tuttavia, per godere appieno della totale legittimità regale, aveva bisogno della Santa Corona ungherese, detenuta dall'imperatore. Questa corona era un simblo forte per il popolo ungherese. Ornata di due diademi, il primo inviato dal papa Silvestro II nell'anno Mille al primo re cristiano d'Ungheria, il secondo dall'imperatore di Bisanzio in data più tarda, la corona era il simbolo dell'unità del paese e non poteva essere sostituita da nessun' altra.

Scoppiò la guerra, nonostante gli appelli alla pace da parte del papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) che necessitava di soldati per lan crociata indetta contro i turchi nel 1459. Infine, dopo cinque anni di lotta sterile, di negoziati e di intrighi, i belligeranti s'incontravano per concluedere la pace. L'accordo prevedeva che l'imperatore ricevesse 80.000 ducati d'oro per il riscatto della corona, che Mattia desse prova della massima deferenza considerandolo come un <<padre>>, che i due sovrani s'impegnassero a rimanere alleati contro i rispettivi nemici e, soprattutto, che la corona tornasse nelle mani dell'imperatore se il re d'Ungheria fosse morto senza eredi legittimi.

Il fratello stesso dell'imperatore Alberto d'Asburgo, duca d'Austria, faceva parte dei cospiratori, tagliava le linee di comunicazione e incitava ai saccheggi intorno alle residenze di Wiener Neustadte di Eedenburg, rendendole ancora più insicure. Persino l'imperatrice, Eleonora del Portogallo, venne depredata da un signorotto che le avrebbe rubato le camicie in puro lino! Malgrado questa situazione instabile, Federico protrasse i negoziati adducendo sempre nuove richieste. Ci volle l'intervento energico dei rappresentanti del papa, Rodolfo di Rudersheim, priore di Freising, e Domenico dè Domenichi di Lucca, arcivescovo di Torcello, affinché il trattato venisse suggellato il 19 e il 20 luglion 1463, il denaro fosse versato e la corona finalmente ceduta a Mattia Corvino.

Dracula era il soprannome del principe della Valacchia Vlad III un vassallo di Mattia Corvino, che nel 1462 quest'ultimo aveva fatto arrestare e rinchiudere in una fortezza sul Danubio. L'origine del soprannome è tuttora discussa. Per la maggior parte dei ricercatori starebbe a indicare l'ppartenenza del padre, Vlad Dracul, all'ordine del Dragone (Societas draconistrorum), fondato nel 1408 dall'imperatore Sigismondo di Lussemburgo quand'era soltanto re d'Ungheria. Poiché dal latino draco deriva il romeno drac, con il significato di <<diavolo>>, Dracul sarebbe quindi <<il diavolo>>, e Dracula (nella forma popolare Dràculea) <<figlio del diavolo>>. Secondo altri studiosi, invece, il soprannome Dracul, diavolo, andrebbe piuttosto inteso conn un significato vicino a quello dell'espressione <<diavolo d'un uomo>>.


Vlad III. Il pranzo sotto ai pali

Era un tiranno, che superava dib crudeltà Erode, Nerone e Diocleziano, come anche ogni altro tiranno e torturatore mai esistito. Lo spurio elenco dei dolori e delle torture inflitti da Dracula ai suoi sudditi, ma anche ad altre persone - <<pagani, ebrei, cristiani>>, turchi, ebrei, turchi, tedeschi, italiani, zingari - non poteva lasciar indifferente nessun lettore. E, primo fra tutti, il su supplizio preferito, il palo. probabilmente di orgine assira, questa torutra era stata <<perfezionata>> con l'utilizzo di pali non più acuminati, che uccidevano rapidamente i pacients, ma arrotondati e spalmati di grasso per prolungare il supplizio. Introdotto attraverso i retto, il palo, sul quale poggiava tutto il peso del corpo della vittima, si apriva un varco senza ledere vitali e usciva dalla bocca senza provocare la morte. L'infelice, esposto in tal modo, moriva di sete entro due o tre giorni, con gli occhi divorati dai corvi ma ancora in possesso delle sue facoltà. L'autore racconta come Dracula avesse piantato un a foresta di pali lunga tre chilometri e larga più di un cholometro proprio sotto le finestre del suo palazzo, al fine di poter ammirare a piacimento gli spasimi delle vittime. Ai gran signori e pascià turchi <<erano riservati>> pali pù alti della media e interamente dorati! Si aggiungeva che spesso il principe amava consumare i pasti a un tavolo situato all'ombra dei pali, da dove conversava con i <<convitati>> e brindava alla loro salute.


Impalamento

Impalatore di uomini: donne e bambini a migliaia (a volte donne con in braccio il loro neonato), ai quali vanno aggiunti 25.000 turchi, uno zigano bollito in un calderone che la sua tribù aveva dovuto mangiarsi; una concubina del principe, incinta, sventrata affinché egli potesse vedere dove si trovava il frutto del proprio seme; un bachetto durante il quale Dracula aveva fatto servire ai nobili i gamberi nutriti con il cervello dei loro parenti e amici; morte sul rogo per tutti i mendicanti e gli storpi del paese; madri costrette a mangiare i loro figli arrostiti; mariti obbligati a fare lo stesso con i seni tagliati delle mogli. Il cinismmo e il sarcasmo di Dracula nei confronti delle sue vittime rendevano queste atrocità ancor più intollerabili. Quando urlavano sotto tortura, Dracula esclamava: <<Udite che piacevole passatempo, che diletto!>>. Oppure, davanti allo spettacolo degli impalati che si controcevano: <<Oh! Come ti agiti bene, che abilità, che ritmo!>>. Ai poveri e ai mendicanti che fece bruciare in due grandi capannoni disse di volerli aiutare a raggiungere al più presto il paradiso, affinché smettessero di soffrire sulla terra.

Mattia Corvino il quale, preoccupato per le lamentele delle vittime e dei loro parenti, fece attraversare il suo vassallo e metterlo ai ceppi. Il primo testo, probabilmente in latino, fu inviato al papa, a Venezia e ad altri principi. E' ancora conservato, tradotto in tedesco, in quattro copie manoscritte indipendenti ed è stato inserito in molte opere dell'epoca.

L'opuscolo del 1463, realizzato probabilmente a Vienna da uno stampatore itinerante (forse Ubrich Ham), venne copiato, adattato e poi ristampato tra il 1488 e il 1566 nelle principali città tedesche, a Lipsia e Amburgo fino a Strasburgo e Norimberga. Tutti gli esemplari contengono un ritratto di Dracula o una scena della sua vita (il pranzo sotto i pali). nel frattempo, dall'altra parte dell'Europa, una versione russa indipendente iniziò a circolare a partire dal 1486: non venne mai stampata, per quanto ci è dato sapere, ma ebbe almeno ventidue copie manoscritte. Dracula venne presentato come un sovrano severo ma giusto e colto. In qualche modo un modello per Ivan il terribile, che dovette leggere il racconto con profitto poiché imitò alcune delle torture elaborate dal principe romeno.
Paradossalmente, nel suo paese d'origine, la Valacchia, oggi parte meridionale della Romania, il ricordo delle gesta di Dracula andò perduto nel corso dei secoli. Anche la cronaca ufficiale della Valachia, redatta nel XVI secolo e rimaneggiata nel secolo seguente, si limitò solo a menzionare il principe sanguinario. Sussistevano se mai dei racconti (sconosciuti nelle versioni latine, tedesche e russe) riguardanti il suo castello nei Carpazi meridionali (castello di Poienari). I contadini dei sette villaggi dei dintorni godevano di importanti privilegi fiscali in cambio della guardia e della manutenzione di quel <<nido d'acquila>> situato al confine con la Transilvania. Il ricordo del principe siè tramandato fino ai nostri giorni grazie alla fortezza che colpèiva l'immaginazione e manteneva vivo il ricordo del suo fondatore.

Quando gli studiosi romeni moderni scoprirono a loro volta questi testi, si trovarono davanti a un dilemma: pur essendo estremamente crudele, quel principe aveva dato prova di un coraggio eccezionale di fronte all'esercito di Maometto II il Conquistatore. Di eroi del genere ce n'erano stati pochi, nel passato romeno. Che fare? Come conciliare i due volti del personaggio? Alla fine, dopo molte esitazioni, Dracula - o meglio Vlad l'Impalatore - venne inserito tra gli eroi nazionali che avevano difeso l'indipendenza della Romania, diventata Stato Nazionale nel 1918 attraverso l'unione della Valacchia e della Moldavia con la Transilvania. Nel 1976 Nicolae Ceausescu celebrò anche il cinquecentesimo anniversari della morte di Vlad III.

Un'altra preoccupazione sarebbe andata però ad aggiungersi a quelle che già avvelenavano la vita dell' ex dittatore. Nel 1972 due storici americani, Radu R. Florescu e Raymond T, Mc Nally, avevano pubblicato a Boston In Search of Dracula, un'opera che collegava il personaggio storico (ancora sconosciuto in Occidente) al padre di tutti i vampiri moderni. Immortalato, se così si può dire dallo scrittore irlandese Bram Stoker nel 1897, il vampiro dracula, conte dei Carpazi, aveva conquistato da tempo l'Ompero britannico e il mondo intero, invaso le biblioteche, le scene dei teatri e i palcoscenici di Hollywood. Portato sullo schermo da Bela Lugosi (peraltro originario della Transilvania) da Lon Chaney jr. da Christopher Lee e più recentemente da Gary Oldman nel film fi Francis Ford Coppola, il vampiro metteva decisamente in ombra - anche se i vampiri di ombra non ne fanno! - Vlad l'Impalatore.


Dracula. Gary Oldman


Dracula. Christopher Lee

Queste credenze sono invece esisite ed esistono tuttora in romania, come ha dimostrato Ioana Andreesco nel suo libro Où sont passés les vampires? Così come sono esistite nei Balcani e nella Grecia insulare, in Ungheria e in Slovacchia, in Boemia, in Moravia, in Ucraina e in Russia. Fu da questo terreno fertile che Bram Stoker attinse la sua figura del vampiro. Ne fece, per primo, un aristocratico orienrtale dal cognome storico, reincarnazione, affermava, del valoroso principe del XV secolo, il quale, a dire il vero non aveva bisogno di questa nuova trasformazione per mettere paura. A partire dal XVIII secolo il vampirismo incominciò ad interessare gli occidentali, perché s'inseriva nel dibattito più ampio riguardante i segni esteriori della morte, la morte apparente, la morte imperfetta e le questioni inerenti alla sepoltura all'esterno delle città. E anche la necessità del certificato medico di decesso per il quale si sono adoperati studiosi francesi come l'anatomista Jacques - Bénigne Winlow (1996-1740) e il suo discepolo Jean Jacques Bruhier d'Ablaincourt (1685-1756), la cui pera è stata restituita con talento ed erudizione da Claudio Milanesi.


Maometto II

https://www.facebook.com/MadameVrath/
https://plus.google.com/u/0/+MadameVrath
https://it.pinterest.com/madamevrath/


















Nessun commento:

Posta un commento