venerdì 26 febbraio 2016

Maria Antonietta di Carolly Erickson. Cap. 2



Maria Antonietta


La corte di Maria Teresa era una delle più numerose d'Europa. Circa duemilacinquecento persone attendevano alla persona dell'imperatrice, attuavano le sue direttive di governo e quelle dei suoi ministri, spazzavano, pulivano e tenevano in ordine le centinaia di stanze dei suoi grandi palazzi, compravano e macellavano le migliaia di vacche, maiali, pecore e polli necessarie per rifornire le cucine, riparavano, dipingevano e decoravano gli appartamenti di stato e quelli dei principi aristocratici che risiedevano a corte. Eserciti di servitori erano necessari per tenere accese le stufe di porcellana che riscaldavano le stanze, per lavare le montagne di biancheria che si accumulavano, per portar via i rifiuti, per badare ai girarrosto nelle cucine e per preparare e allestire gli spettacoli presentati la sera nel teatro di palazzo. I domestici dell'imperatrice assolvevano i faticosissimi compiti connessi al mantenimento di una grande casa, e dovevano anche prestare attenzione a un'infinità di particolari. Provvedevano a non far mancare la neve fresca, portata dalle montagne, per le slitte dei piccoli arciduchi quando a Vienna i cumuli di neve si scioglievano. Tenevano sempre riempite d'acqua le brocche e le bacinelle d'argento e d'oro che i grandi dell'impero usavano per lavarsi. E non dimenticavano mai di mandare a prendere alle stalle di Schönbrunn le poche once di latte fresco di cui l'imperatrice aveva bisogno ogni giorno. 

Il primo cerimoniere era perfettamente a conoscenza del protocollo della sala del trono e sapeva quando e come annunciare i personaggi ammessi a un'udienza di Maria Teresa; il responsabile del maneggio imparava fin da piccolo il funzionamento  delle scuderie e il governo di dozzine di scudieri bene addestrati, le necessità della scuola imperiale di equitazione, i luoghi d'acquisto dei cavalli da sella e da tiro, a cominciare da quelli costosi preferiti dall'imperatrice. Il maggiordomo, il capo della dispensa, il capo falconiere, gli addetti all'economato e al guardaroba, tutti impiegavano anni per perfezionarsi nei segreti dei loro compiti. Maria Teresa aveva alle sue dipendenze centinaia di ciambellani che tenevano i conti e pagavano il personale. Erano questi, in realtà, i responsabili degli affari di palazzo, ai quali era affidato il buon andamento della corte. Al di sopra di loro erano i detentori delle funzioni cerimoniali, membri della nobiltà più elevata che tutelavano gelosamente  le prerogative  delle loro posizioni e godevano di riverbero dello splendore che circondava l'imperatrice. Ciascuno di questi personaggi aveva, nell'ambito della grande corte imperiale, la sua corte in miniatura, completa di domestici e sottodomestici, cuochi, scudieri e altri dipendenti.


L'imperatore Francesco


Costruita da Maria Teresa sul sito di un modesto casino di caccia eretto da suo nonno Leopoldo I, Schönbrunn prendeva il nome dalla <<bella fontana>> che era in uno dei suoi giardini. La lunga facciata di circa duecento metri dava su un vasto cortile, cui seguivano estesi giardini pieni di statue e fontane spettacolari. Il vasto terreno ospitava anche serre, un serraglio di orti botanici, oltre al sontuoso padiglione estivo di marmo, la Gloriette, ove all'imperatrice piaceva attendere ai suoi compiti di governo quando il tempo era bello.


Schönbrunn


I suoi appartamenti privati al pianterreno, vicino all'aranciera, erano ammobiliati e decorati in stile indiano: le pareti erano letteralmente ricoperte di immagini di palme da datteri uccelli e festoni, di fiori e frutti. La sala di ricevimento cinese azzurra, una delle più importanti e di prestigio del palazzo per le grandi occasioni protocollari, aveva una carta da parati dipinta a mano con figure esotiche in oro e in nero su uno sfondo azzurro-verde carico: uno schema cromatico il cui gusto, tipico dell'Estremo Oriente, colpiva tanto più in quanto il resto del palazzo era di u bianco e oro caratteristicamente rococò. La sala delle lacche era rivestita di lacca nera con decorazioni in stile cinese, la sala delle porcellane sfoggiava preziosi vasi e altri objets d'art le cui superfici traslucide erano illuminate dalle centinaia di candele dei ricchi lampadari. Per la decorazione della sala dei milioni; così chiamata perché si diceva che il suo arredamento fosse costato un milione di fiorini, l'imperatrice aveva fatto acquistare dal suo ambasciatore presso la corte del sultano di Costantinopoli antiche miniature persiane e Indù, che rappresentavano con colori vivaci e luminosi, elefanti e cavalieri, soldati e templi, e ornavano tutte le pareti.


Maria Teresa

Quando l'imperatrice viaggiava, il personale amministrativo ai suoi ordini e la servitù dovevano viaggiare con lei, come gli addetti alla cucina, alla tavola, al guardaroba e alla segreteria. Anche nei viaggi brevi la sua carrozza personale - in cui d'abitudine era accompagnata dal marito e dalla prima dama di compagnia - era seguita da almeno un paio di dozzine di altre vetture, con tanto di postiglioni, trombettieri, corrieri, paggi e guardie a cavallo. C'erano carrozze per le dame di compagnia e le cameriere, per il capo dei domestici che servivano a tavola, per il capo cantiniere e per diversi pasticceri. Una carrozza ciascuno avevano anche il farmacista, il responsabile della biancheria da tavola, i gentiluomini della guardia del corpo, il confessore personale dell'imperatrice e il cappellano di corte. Quattro speciali vetture trasportavano provviste, utensili e attrezzature (i cuochi erano già al loro posto nella destinazione finale che avevano raggiunto a cavallo), mentre enormi carri, ciascuno trainato da ventiquattro cavalli, erano carichi dei bagagli dei cortigiani e di provviste. Dato che le carrozze e i carri frequentemente si guastavano nel corso del viaggio, la processione doveva necessariamente comprendere due riparatori e un fabbro ferraio, più tre carrozze e venti cavalli di riserva. Date le condizioni delle strade, strette e non pavimentate con pietre, anzi accidentate da profondi solchi e buche, polverose d'estate e fangose d'inverno, il convoglio dell'imperatrice era fortunato quando, con tre o quattro soste per il cambio dei cavalli, riusciva a coprire centocinquanta chilometri in una giornata, purché il tempo fosse bello. Quando il tempo era brutto o le strade inondate, la velocità era molto minore; quando si rompevano gli assali anche dei veicoli di riserva, non si poteva più procedere fin quando non fossero stati riparati. 

La piccola e congestionata città di Vienna racchiudeva nell'ambito delle sue mura medievali otto chilometri quadrati di attività frenetica in mezzo a un'indicibile sporcizia. I visitatori avevano l'impressione che tutti fossero alle dipendenze della corte imperiale o in continuo rapporto d'affari con la medesima. Le strade erano piene di domestici, funzionari e protestanti provenienti o diretti di corsa alla Hoflurg, di nobili che si facevano condurre al palazzo reale in portantina, di artigiani che portavano le loro mercanzie per cercare di venderle agli aristocratici clienti della corte. Era un mondo poliglotta. Gli stretti vicoli di Vienna erano pieni di gente proveniente dai paesi più vari.

Con tanto spazio della città destinato alla casa imperiale e ai suoi dipendenti, non c'erano alloggi sufficienti per i cittadini ordinari. Anche i commercianti erano per la maggior parte costretti a dormire nei sobborghi che si stendevano disordinatamente fuori del centro urbano, per presentarsi la mattina alle porte della città e trascorrere la giornata cercando di vendere le loro mercanzie di casa in casa. Il sovraffollamento causava sporcizia, cattivi odori e chiasso, era del tutto impossibile far pulizie nelle strade anguste, anche se tentativi erano stati fatti. Le scale degli alti edifici appartenevano a tutti e a nessuno; liquame sudicio e immondizia marciavano sui pianerottoli, mucchi di rifiuti rendevano quasi impossibile distinguere un gradino dagli altri. Da ogni strada, da ogni vicolo e da ogni ingresso si levava un tanfo insopportabile, che costringeva i viennesi più schizzinosi a tenere perennemente fazzolettini profumati al naso quando si facevano trasportare in portantina da un luogo all'altro. Al tanfo si univa un fracasso non meno fastidioso. I venditori sovrastavano con le loro urla perfino il rumore degli zoccoli dei cavalli e delle ruote delle carrozze, nonché le imprecazioni dei vetturini e quelle dei pedoni costretti in spazi troppo angusti per poter camminare tranquillamente. 

Alla riduzione delle formalità si accompagnava la perdita dell'austerità che aveva caratterizzato la corte asburgica ai tempi di Carlo VI. Sotto Maria Teresa, le grandi famiglie della nobiltà potevano liberamente spendere le loro ricchezze nei modi più stravaganti. Ed erano ricchezze davvero straordinarie. Nella maggior parte dei domini asburgici prevaleva il feudalesimo. Solo nei possedimenti imperiali lavoravano ventimila servi della gleba; molti di più lavoravano nelle proprietà dei magnati, producendo con la loro fatica il grano e il legname che allora costituivano la maggior fonte di ricchezza. Una famiglia aristocratica ungherese, gli Esterhazy, viveva come una famiglia reale, dominava un territorio vasto come quello di diverse province e possedeva decine di castelli e centinaia di villaggi. Nikolaus Esterhazy, soprannominato <<Nikolhaus il Magnifico>>, si costruì un palazzo degno di competere con Versailles, e alcuni proprietari di terre boemi avevano rendite superiori a quelle degli Esterhazy stessi.

Alle sontuose feste, ai balli in costume e in maschera che si tenevano a Schönbrunn, in occasione dei quali a volte veniva servita la cena a diecimila persone in tre vastissimi saloni, facevano riscontro gli spettacolari divertimenti organizzati dai membri dell'aristocrazia per l'imperatore e il suo seguito: cacce e balli, feste e rappresentazioni teatrali. Per queste occasioni si costruivano spesso nuovi edifici, si commissionavano nuove commedie e opere, si creavano nuovi giardini. Quando nell'autunno del 1754, invitò Maria Teresa nel suo palazzo di Schlosshof il principe Sachsen - Hildburghausen non risparmiò spesa per rendere memorabili quei tre giorni di svago. Il primo giorno, in onore degli ospiti regali, vi furono un concerto e una rappresentazione scenica all'aperto, in un giardino spettacolarmente illuminato. Il giorno seguente si tenne una grande caccia, in cui l'imperatrice e il suo consorte presero posto su un'impalcatura costruita appositamente per sparare alla selvaggina che un nugolo di battitori spingeva in quella direzione dalle foreste circostanti. La giornata si concluse con la rappresentazione di un'opera e con un sontuoso banchetto. Il terzo e ultimo giorno il principe superò se stesso. Fece preparare, infatti, un complicato <<carosello acquatico>> che si svolse in una vasta piscina. Al centro della piscina era un'isola, ove erano state incatenate centinaia di animali domestici e selvatici, dai quali si levava una cacofonia di ululati e ruggiti. C'erano orsi vestiti con costumi da buffone, scrofe vestite come Colombine e due enormi tori, più decine e decine di anitre, oche e cigni. Nel frastuono generale cantava un coro accompagnato da un buon numero di musicanti. Poi, a un segnale, fu messa in lbertà una gran quantità di selvaggina - uccelli, volpi e lepri - e queste ultime si misero a nuotare per raggiungere la terraferma. A conclusione del carosello acquatico fu rimorchiata nella piscina una grandissima nave su ruote, le cui strutture in legno, scricchiolavano sotto il peso delle carni, dei pani e dei formaggi appesi alle fiancate. 

Di nove anni più anziano di Maria Teresa , Francesco era stato educato alla corte di Carlo VI, ove si era distinto nella caccia e nella scherma ed era riuscito a ridurre al minimo l'apprendimento della lingua del paese. Maria Teresa lo adorava e a tempo debito essi si sposarono, non senza un considerevole sacrificio da parte di Francesco. Come condizione per il matrimonio, egli dovette rinunciare ai suoi diritti ereditari sulla Lorena, e così divenne poco più del consorte di Maria Teresa. Col tempo essa provvide a farlo eleggere Sacro Romano Imperatore, ma questo titolo comportava solo diritti protocollari e non un potere reale. Francesco provò la carriera delle armi, ma come generale e come stratega risultò deludente. 


Francesco imperatore


Francesco era abile, per esempio in materia finanziaria, sapeva investire con profitto la ua rendita personale e dava consigli illuminati sull'impiego delle entrate imperiali. Collaborò alla progettazione di ,Schönbrunn era una sorta di chimico dilettante - anche se i suoi esperimenti che comprendevano vari tentativi di agglomerare un certo numero di piccoli diamanti in modo da formare uno solo molto grande, rasentavano l'alchimia - ed era sempre disponibile qando c'era bosogno di un anfitrione gradevole e di un accompagnatore di bell'aspetto della sovrana. Assolse con diligenza i suoi doveri coniugali, generando sedici figli. E per Mara Teresa era, molto semplicemente, <<il miglior marito del mondo>>.

Francesco aveva cominciato presto a deviare dalla retta via e lo aveva fatto spesso, flirtando con le giovani e attraenti ballerine e cantanti che si esibivano nei teatri di Vienna e rendendosi ridicolo con una giovane danzatrice in particolare, Eva Marie Violet, finché questa non venne espulsa dal paese. Francesco trovava invoglianti anche le donne eleganti e ingioiellate che frequentavano la corte nel 1755, anno in cui l'imperatrice dette alla luce la quindicesima figlia, l'arciduchessa Antonietta, si innamorò di una di loro, la principessa Auersperg, una bellissima diciassettenne dal volto assai grazioso e con una gran massa di morbidi capelli castani chiari. Nonostante la differenza d'età - aveva trent'anni più della principessa - Francesco rimase profondamente e teneramente legato a lei, tenendola non solo come amante, ma anche come confidente e amica. A parte la gioventù e la bellezza, la principessa, a quanto sembra, aveva doti che all'imperatrice mancavano, perciò egli cercava di stare con lei il più frequentemente possibile; acquistò perfino una casa per i loro incontri e non perse occasione di vederla nel suo casino di caccia e nel suo palco al teatro imperiale di Vienna.

La chiesa, certamente, disapprovava l'adulterio, ma ciò non influiva alle abitudini dei viennesi. <<Peccano, pregano e si confessano>> osservò un contemporaneo, <<poi ricominciano tutto daccapo, non dimenticando mai di andare a messa>>. La religione non interferiva mai col piacere, le vecchie abitudini persistevano anche se stava diventando sempre più evidente che la cosa non era gradita all'imperatrice.
Maria Teresa, che prendeva molto sul serio sia la religione sin ail matrimonio e che era davvero assai dispiaciuta della situazione, prese infine la decisione di far valere la propria autorità per portare fedeltà e decoro nella vita privata dei suoi sudditi.
L'organo principale per l'attuazione della sua campagna moraleggiante fu <<la commissione per la castità>>, uno speciale dipartimento della polizia i cui cinquecento membri erano incaricai di reprimere il malcostume. Con l'aiuto di una vasta rete di spie e di informatori, i funzionari della commissione presero a infiltrarsi ovunque ci fossero riunioni di società, nei teatri, nei pubblici banchetti, perfino nelle casa private, arrestando tutti coloro che sospettavano avessero abbandonato la via della virtù.  Gli uomini trovati in compagnia di <<donne di bassa condizione>> venivano arrestati, le donne scoperte mentre uscivano di casa, dopo che si era fatto buio, senza un cavaliere rispettabile erano accusate di sregolatezza. Gli stranieri sospettati di comportamenti morali troppo disinvolti venivano espulsi dal paese, e le compagnie dei teatranti, specie se italiane, erano oggetto di persecuzione anche fuori di Vienna se l'imperatrice aveva motivo di ritenere che corrompessero le cittadinanze locali.

I condannati per atti di immoralità venivano incatenati a pilastri di pietra alle porte della città, con le caviglie legate a palle di cannone. Spesso venivano lasciati lì per settimane o per mesi e la loro sopravvivenza era affidata alla carità dei passanti. Se però gli sventurati in catene dovevano costituire un pubblico esempio, il progetto non serviva al suo scopo. 
Invece di guardare ai condannati come miscredenti da disprezzare e umiliare, i viennesi li consideravano martiri dell'ossessiva fissazione dell'imperatrice per la purezza. Invece di lasciarli morire di fame, i cittadini li nutrivano generosamente, facendosi gioco del rigore di Maria Teresa. La campagna per la castità si chiuse con un fiasco, dando origine a scherzi e e battute sull'imperatrice di elevata moralità che doveva sopportare un martirio dissoluto.

Dopo meno di un anno sciolse la commissione per la castità - pur mantenendone intatto l'organico, perché continuasse il lavoro di sorveglianza e l'inio di rapporti - ma estese la campagna di redenzione morale ad altre sfere, emanando un editto contro il duello (che fu in larga misura ignorato) e cercando di porre un freno alla passione dei suoi cortigiani per il gioco d'azzardo, costringendo chi giocava alte poste a pagare ingentissime licenze per ottenerne il diritto, e destinando il ricavato delle licenze a opere assistenziali. 


Simboli massonici

Il malcostume divenne meno visibile, ma non meno dilagante; costretto alla clandestinità fiorì più impetuosamente che mai e divenne più sordido. La polizia comprata e coinvolta, guardava dall'altra parte o partecipava addirittura. Circolavano storie di prostituzione infantile, di un arcivescovo che traeva profitto da un bordello, di orge clandestine che coinvolgevano uomini e donne molto in vista a corte, progettate e perfino discusse nei particolari con linguaggio in codice, anche alla presenza dell'imperatrice. Si diceva che la massoneria, che continuava a esistere in Austria, pur essendo stata messa al bando dalla chiesa cattolica, fosse implicata nelle orge clandestine. E Francesco era massone, benché fosse sempre riuscito a evitare la cattura quando la polizia aveva perquisito il suo casino di caccia.
Maria Teresa dovette ammettere che, nonostante tutti i suoi sforzi a metà del suo regno i suoi sudditi erano peggiori e non certo migliori di prima. Ogni mattina udiva i colpi di pistola dei duellanti che si davano convegno all'alba vicino alle mura della città. In privato suo marito si vantò con lei di aver vinto in una sola serata giocando d'azzardo, dodicimila ducati. E, giorno dopo giorno, Maria Teresa doveva subire l'umiliazione della presenza a corte della principessa Auersperg, bella, astuta e sempre più navigata, che contava fra i suoi amanti non solo l'imperatore Francesco, ma molti altri uomini. 
Non c'era da meravigliarsi se l'imperatrice era giù di morale. Aveva coraggio più che sufficiente per affrontare degli eserciti in battaglia, ma le insidiose pugnalate del ridicolo e dell'umiliazione erano troppo per lei. La fiducia he aveva in se stessa si stava lentamente erodendo. L'espressione del suo volto si faceva sempre più acida, ed essa si dedicava furiosamente ai suoi documenti di stato. Per cercare conforto ricorreva ai libri di preghiere e cercava di non pensare al clero corrotto <<La depressione non mi lascia mai>>, scrisse alla contessa Trautson, sua confidente <<Si avvicinano giorni tristi>>.
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