lunedì 6 giugno 2016

Giovanna d'Arco, la vergine guerriera. La mia Giovanna. Di Franco Cardini

La mia Giovanna


Giovanna d'Arco. Place des Pyramides


Perché Giovanna? Perché questa ragazza, vissuta nel XV secolo, vestita di ferro e morta sul rogo per un decreto inquisitoriale, quindi riabilitata con successiva sentenza, poi santificata (sì, ma con quasi mezzo millennio dopo la sua tragica fine), in seguito diventata emblema ora di cattolici tradizionalisti ora di populisti anticlericali, ora della destra ora della sinistra, ora di meetings patriottici ora di movimenti femministi? Ha un senso riproporre nello scorcio fra II e III millennio questa giovane nata ai confini della Francia e innalzata a simbolo centrale della nazione francese; questa contadinella che non volle rassegnarsi al suo destino di povera figlia della campagna e volle farsi guerriero e kingsmaker, che sfidò la morale del suo tempo vestendo e cavalcando come un ragazzo, che si ostinò nel rivendicare il suo ruolo profetico di fronte a un tribunale di dotti teologi e di illustri giuristi che la richiamava al suo dovere d'inchinarsi dinanzi all'autorità istituzionale e mediatrice della chiesa?
Vergine guerriera, conserva il suo fascino archetipo: come le amazzoni, come la vergine Camilla cara a Virgilio e a Dante, come Bramante e Clorinda. L'hanno paragonata a donne politiche, a paladine dei diritti umani, a protagoniste del nostro tempo. E d'altra parte dal poema eroicomico di Voltaire in poi, è stata spesso ridicolizzata e magari dissacrata.


Filippo il Buono. Duca di Borgogna


Destino paradossale d'una ragazza giustiziata perché aveva osato andare fino in fondo contro il suo tempo - lei, donna, aveva voluto combattere come un uomo; lei, cristiana, non s'era piegata dinanzi a un tribunale della Chiesa - e poi troppo spesso denigrata come simbolo di devozione convenzionale e di retorica da sacrestia.

Tra Fleming e Rossellini, avevo scoperto la Francia, accadde com'era logico aspettarsi accadesse allora, durante una gita scolastica del , verso i magici tredici anni in cui, a quel tempo, si cominciava ad abbandonare i calzoni corti e a sbirciare le ragazze. E quella giovane patinata d'oro, alta sul grande cavallo del monumento in Place des Pyramides, m'affascinava; così come mi commovevano le immagini riprese tutte o quasi dal celebre quadro d'Ingres e replicate in mille modi (in marmo, in gesso, in legno, in bronzo) in tutte le chiese di Francia.

Fu per capire qualcosa di più dei suoi tempi e del suo grande avversario, Filippo il Buono duca di Borgogna, che ai primi anni Sessanta mi capitò d'affrontare le fitte pagine d'uno dei più bei libri che siano mai stati scritti , "L'autunno del Medioevo" di Johan Huizinga. Mi furono pronubi in questo, due miei cari maestri dell'Università di Firenze di allora, Eugenio Garin  ed Ernesto Sestan, che amavano entrambi - sia pure per motivi differenti, come più tardi riuscii a capire - l'opera dello Huizinga e, attraverso di essa, la figura di una degli ispiratori dello storico olandese, il grande Erasmo da Rotterdam.


Johan Huizinga

E il ducato di Borgogna fra Tre e Quattrocento - con quel suo impiantarsi così fascinoso al confine tra Francia e Germania, con quel suo estendersi dall'Olanda alla Svizzera, con quella sua politica dei grandi orizzonti che andava dalla Spagna all'Italia fino ai bordi dell'Asia - mi sembrava rappresentare idealmente e perfettamente una specie di compendio anticipato d'Europa.

Pensando a Giovanna, ho ripreso in mesi recenti le tappe del suo pellegrinaggio: da Domrémy a Chinon, da Orléans a Reims, da Poitiers a Sully, da Campiègne a Rouen. E mi sono sorpreso così a ripetere, in realtà, quelle della mia esistenza; a ricercare tra i villaggi e le chiese, tra le strade e le aule universitarie, le tracce delle cose che ho amato.

Durante il suo processo, lei dichiarò che al suo paese tutti la chiamavano Jeannette, e che il nome Jeanne le era stato attribuito soltanto quando era arrivata in Francia. Poiché aggiunse che al suo paese le ragazze portavano il nome della madre, si sarebbe dovuto forse chiamarla Romée: ma quello era più un soprannome che un nome. E poi, ai primi del Quattrocento, i cognomi moderni non erano ancora stabiliti: sarebbero emersi a poco a poco, fissando patronimici, toponimi d'origine, epiteti professionali, soprannomi. Lei si era sempre definita <<Giovanna la Pulzella>>: e con quell'appellativo in tutta la Francia si era imparato a conoscerla, a temerla , ad amarla.

Il suo cognome d'Arc, lo troviamo nelle più varie grafie: Dars, Dai, Day, Darx, Tarc, Tard, Dart, Tart. e quest'ultima sarebbe forse la forma preferibile, considerando la pronunzia dura del francese parlato tra Vosgi e Lorena. Quella d'Arc, che prevale, deriva forse da puri motivi eufonici ed estetici, forse da un toponimo che per altro non la riguarda e a un tentativo, dunque, di nobilitarne le origini.

Giovanna è una figura <<moderna>>. Anzitutto per il carattere paradossale, in apparenza contraddittorio, della sua esperienza: una fedelissima figlia della Chiesa che finisce però bruciata come eretica; una rappresentazione esemplare dell'identità francese, che però - in quanto contadina della regione della Mosa - è al tempo stesso una marginale, una giovane donna fiera di quell'attributo così squisitamente cristiano, che è la verginità, ma che si presenta ai nostri occhi come una delle figure storiche più energicamente impegnate a rivendicare il ruolo delle donne nella società e che tuttavia - dopo quella che per lei è la sua <<chiamata>> - rifiuta costantemente gli abiti femminili; una fanciulla fragile, di ferma e intensa fede religiosa, che pure ha speso la sua breve esperienza pubblica in un'attività come la guerra, nella quale è necessario esser forti mentre invece è tanto difficile seguire costantemente i dettami d'una fede ispirata alla pace e alla carità come la cristiana.
E' questa la ragione per la quale il secolo di Eva Peròn, Simone Weil, Marguerite Yourcenar, Matilyn Monroe, Grace Kally, Lady Diana e Teresa di Calcutta non ha potuto esimersi dall'interrogarsi sul conto della Pulzella d'Orléans.

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Documentario Storia - Giovanna D'Arco