sabato 2 giugno 2018

Maria Antonietta Cap. X

Maria Antonietta Cap. X


Maria Antonietta


Già molto prima dell'alba e i male illuminati corridoi del palazzo di Versailles brulicavano di vita. Paggi, lacché, sguatteri di cucina e domestici si lavavano sommariamente e indossavano in fretta e furia le loro tenute da lavoro e le loro livree, stando vicini ai caminetti accesi, il cui calore bastava appena per proteggere dal freddo quei locali pieni di correnti, e mandando giù qualche boccone di pane prima di raggiungere i punti del palazzo ove dovevano attendere i loro compiti quotidiani. Anche i geentiluomini e le nobildonne, nonostante disponessero di propri servitori che li assistevano quando dovevano indossare i vestiti e le toilettes più formali, dato che, per quanto altolocati fossero i suddetti aristocratici personaggi; a corte i loro incarichi erano a lavoratori manuali: aprire una porta, tenere in mano una parrucca o un bastone da passeggio, disporre i fiori in vasi di porcellana. 

Alla corte di Luigi XVI prestavano la loro opera quasi novecento dignitari e servitori. L'Almanach de Versailles li elencava tutti, e il solo elenco occupava centosessantacinque pagine.Ciascuno dei dignitari, delle dame, dei servitori e delle domestiche aveva i suoi particolari obblighi e privilegi, definiti con precisione e gelosamente difesi. Il guidatore della carrozza reale trinata da muli non si sarebbe mai sognato di mettersi a cassetta per guidare dei cavalli, il gentiluomo di corte che portava al sovrano la sua chise percée e la portava via quando Luigi aveva finito di usarla non si sarebbe mai azzardato a presumere di potergli pettinare i capelli, i valletti che ogni mattina sfregavano la pelle del re con spazzole molto dure impregnate di alcool profumato si sarebbero ribellati all'idea di avvolgergli intorno al collo e di annodargli la cravatta. L'onorabilità del servitore dipendeva dalla natura del suo servizio. 



Luigi XVI

Se il re e la regina erano prigionieri dell'etichetta, infatti, le centinaia di persone al loro servizio erano tenute ad essernne padrone. La prima dama d'onore di Antonietta, la contessa di Noailles, con i suoi fastidiosi ammonimenti sulle formalità appropriate e la sua punntigliosa atenzione ai particolari, faceva semplicemente, anche se in modo estremamente ufficiale, il suo lavoro; un buon servizio richiedev esattezza in ogni dettaglio. Funzionari e servitori nuovi alla corte, dovevaano, prima di essere assunti, diventare padroni di centinaia di regole e di prescrizioni da osservare: come annodare il nastro ch eteneva stretto il guardinfante della regina, quale livrea indossare a Choisy (azzurra) e quale a Compiegne (verde), a quali porte si poteva bussare e quali, invece, si dovevano sfiorare con le unghie per annunciare la propria presenza. In alcune stanze alla servitù era permesso di sedersi, in altre, come, per esempio, la camera da letto del re, i domestici dovevano stare in piedi, anche se il sovrano non era presente. A quest'ultimo, soltanto i familiari e le poche persone con le quali egli aveva una grande intimità potevano rivolgere la parola; tutti gli altri dovevano rivolgerdi a lui con cortese e impersonale deferenza, parlando in terza persona. (<<Il re ha fatto buona caccia?>> <<Il re ha ancora il raffreddore?>>) Anche agli oggetti inanimati bisognava rivolgersi in modo differente a seconda del momento. Così, per esempio, il lettto della regina era considerato un mobile, di cui doveva aver cura il primo tappezziere alla camera daa letto, soltanto quando la regina non vi giaceva. 

Una delle cose che un dipendente doveva imparare era il modo di non are intralci ai suoi colleghi. La carica di reggitore dello strascico ella regina - una carica d'importanza secondaria, che tuttavia comportava <<doveri quotidiani e assidui>> - poteva essere detenuta soltanto da un nobile, cioè da un uomo il cui lignaggio fosse abbastanza illustre per non sfigurare accanto a quello del primo gentiluomo - usciere (Il reggitore dello strascico e il promo gentiluomo-usciere dovevano viaggiare sulla stessa carrozza quando la famiglia reale si trasferiva da una residenza all'altra; non si poteva pretendere che il secondo dei due viaggiasse in carrozza con un individuo che gli era socialmente inferiore).  Eppure il reggitore dello strascico poteva adempiere al suo compito in ambito molto limitato perché, appena la regina lasciava il suo appartamento e passava per la Galerie des Glaces, era tenuto a cedere lo strascico a un altro funzionario di servizio un paggio di camera del re domestico di cappella. 

Il conte d'Hézècques entrò in servizio a Versailles all'eta di dodici anni: doveva la nommina a paggio di camera del re alla raccomandazione di un parente che era uno dei gentiluomini di camera. Quando arrivò, erano complessivamente al servizio 58 paggi senza contare quelli che servivano i principi del sangue. Otto dei paggi erano assegnati alla camera del re, ove i loro compiti consistevano nell'assistere al grand lever del sovrano, nel fargli da scorta quando andava a messa, nel rischiarargli il cammino quando tornava dalla caccia dopo il calar del sole e, la sera, nel preparargli le pantofole quando andava a letto. Non erano compiti gravosi; gravosa era però l'iniziazione ad essi, come d'Hézècques dovette constatare con smarrimento. Come novizio si trovò alla mercé degli anciens, paggi che detenevano i loro incarichi da due anni e più e si commportavano in modo estremamente dispotico. Gli anciens punivano spietatamente ogni errore dei novizi, dai quali si pretendeva non solo che eseguissero i loro compiti senza la minima imperfezione, ma perfino che indovinassero i desideri dei loro superiori, altrimenti sarebbero stati bastonati. 

Ogni paggio doveva ricevere dalla sua famiglia una pensione di seicento franchi all'anno; ma questa era solo per le spese minute, perché tutto il resto veniva loro fornito dalla casa reale: cibo abbondante, livree e altri capi di vestiario, cure mediche, istruzione, D'Hézècques si sentiva trattato con <<una magnificenza davvero regale>>. Gli otto paggi di camera avevano due governanti e un precettore, o insegnante, che li controllavano anche nei loro alloggi in Rue de l'Orangerie. Trascorrevano la mattinata (prima del lever del sovrano, che in genere avveniva prima delle undici o ndici e mezzo) imparando a cavalcare; più tardi nel corso della giornata, quando non erano di servizio dal re, prendevano lezione di matematica, tedesco, disegno, danza, scherma e maneggio delle armi da fuoco, e facevano esercizi atletici e acrobatici. 

Erano altresì comuni, anche se raramente all'ultimo sangue, i duelli fra i paggi del re e quelli del principe di Condé o del principe di Conti. I ragazzi che rimanevano feriti venivno chirurghi della città di Versailles o da uno dei <<chirurghi comuni>> della regina che di regola si occuupava dei servitori di basso grado della casa civile della sovrana, ma che si poteva obbligare a prestare la sua opera in casi di emergenza come in occasione dei duelli. Il duello era ufficialmente disapprovato, ma era una parte riconosciuta della vita di un ufficiale dell'esercito, e tutti i paggi reali venivano istruiti per la carriera delle armi. Alla fine del loro periodo di servizio a corte, quando avevano diciassete o diciotto anni, venivano nominati ufficiali della guardia. Così avvenne, per esempio, a d'Hézècques. 

Il sedicenne d'Hézècques, che era un ancien in grado di dettar legge ai paggi novizi, fu assegnato alla grande scuderia relae, ove le regole di lavoro e di vita erano molto meno rigorose, tanto che i paggi erano liberi  di gironzolare nelle vie della città per cinque o sei ore al giorno. I cinquanta ragazzi di servizio nelle scuderie erano alloggiati in un'ala del vasto edificio, in camere tutte intonacate di giallo e tutte arredate con gli stessi mobili, che rano di poco più grandi dei box per i cavalli. Quattro enormi stufe li tenevano al caldo, ed essi usavano in comune una grande stanza per lo studio e pranzavano insieme in una sala appositamente attrezzata. 

I compiti deii paggi di scuderia erano relativamente poco gravosi. Un loro gruppo ben selezionato accompagnava il sovrano nelle sue partite di caccia, indossando sepeciali lvree, ornate con passamani d'oro (il tipo di passamani dipendeva dall'animale che veniva cacciato). Portavano i fucili carichi, consegnandoli al re quando li richiedeva e riprendidendoli quando li aveva usati e bisognava ricaricarli, compito che veniva affidato all'arquebusier. Alla fine della caccia, dopo che era stata distribuita la selvaggina, i paggi banchettavano con la parte loro assegnata; e spesso ricevevano in dono una dozzina di bottiglie di champagne per innaffiare il pranzo. 



Camera da letto della regina. Versailles



Antonietta ripristinò la carica di sovrintendente della casa civile della regina affidandola alla principessa Lamballe, sua amica e confidente, poco dopo l'ascesa al trono.  (Questa ascesa ebbe la conseguenza di confianre nell'ombra Madame de Noailles, che infatti presto si dimise, come indubbiamente Antonietta desderava,) Nella sua qualità di sovrintendente, la principessa di Lamballe godeva di una vasta autorità, di cui tuttavia, dato il suo carattere dolce e benevolo, non abusava. Alle sue dipendenze era la prima dama d'onore; dapprima ricoprì questa dignità la duchessa di Cossé; poi le succedettero la prinncipessa di Chimay e Madame de Mailly, che detenne la carica fino al 1781. Madame Campan, la fedele assistente e biografa di Antonnietta, era una delle sue prime cameriere addette alla camera da letto; aveva la responsabilità della gestione dei fondi privati della regina, che inoltre le aveva affidato in custodia i suoi gioielli. 

La direzione della casa civile di Antonietta comportava un gran numero di attività, dal controllo e dal pagamento di conti e delle fatture alla stesura di lettere di risposta ai sovrani stranieri che davano notizia di nascite, decessi e altri eventi familiari. Bastava questa corrispondena per tenere occupati a tempo pieno due segretari. Un altro compito che richiedeva molto lavoro e molto tempo era la riparazione e manutenzione dei veicoli della regina, comprese le grandi slitte dorate con cui essa amava fare gite ed escursioni d'inverno, quando c'era neve sufficiente. Ogni volta che la corte si trasferiva a Marly, a Choisy o a Fointainebleu, poi, c'erano da redigere e spedire inviti a migliaia per  balli, cene e partite di caccia. 

Sempre maggiore attenzione veniva dedicata alle condizioni di salute dei membri della servitù , e l'assistenza a queste centinaia di persone richiedeva l'impiego di un farmacista e di due chirurghi. Questi andavano ad aggiungersi al medico-farmacista e al chirurgo che avevano la responsabilità delle condizioni di salute della regina e dei suoi dignitari. Gli approvigionamenti di cibo, la cura delle cristallerie e delle argenterie, la custodia e il lavaggio degli abiti di corte e informali - per non parlare delle scarpe, delle borse, dei ventagli, dei guanti, della biancheria intima e dei cappelli - richiedevano l'opera di decine e decine di persone. In base alle disposizioni emanate dall'abate Terray, le tovaglie, i tovsglioli, le camicie e i merletti di lino dovevano essere sostituiti ogni tra anni (portati poi a cinque, e infine a sette da controllori delle finanze che volevano imporre economie sempre più rigorose). 

La suepervisione su tutte queste attvità di lunga durata non escludeva, anzi rendeva ancora più necessario uno strettoo controllo su quelle che si svolgevano di giorno in giorno e di ora in ora, e senza le quali la casa civile della regina non avrebbe potuto funzzionare regolarmente. Al compito di rifare il letto della regina, per esempio, si doveva provvedere mentre essa, con il suo entourage, assisteva alla messa. Appena il corteo regale lasciava l'appartamento di Antonietta per dirigersi verso la cappella, le addette al servizio si precipitavano nella camera da letto della regina con le lenzuola e i cuscini puliti e, dopo aver scostato i grandi cortinaggi doppi che celavano alla vista il letto, toglievano di mezzo la biancheria sporca, metendola in grandi canestri foderati di taffetà verde, che venivano portati poi alle lavanderie. Venivano quindi chiamati quattro domestici in livrea, che rivoltavano i materassi, troppo pesanti per essere solelvati dalle cameriere. Dopo che i domestici si erano ritirati, sul letto venivano messe lenzuola fresche di bucato, e su queste venivano ridistese le coperte. Le cameriere erano tanto abili che riuscivano a fare questo lavoro in cinque minuti; poi si mettevano a spolverare i mobili e a rifare ordine nella camera, data la confusione in cui l'aveva lasciata la regina dopo essersi vestita e  aver fatto la sua toletta quotidiana. 



Galerie des glaces. Versailles



Fortunatamente una delle dame d'onore di Antonietta, la contessa de la Tour du Pin, ci ha lasciato un lungo e particolareggiato resoconto sulla vita trascorsa a Versailles. Alla nascita la contessa si chiamava Henriette Lucy Dillon: era figlia di un militare di carriera irlandese che comandava un reggimento dell'esercito francese e della sua consorte, francese, una donna molto bella di nome Lucie de Rothe, anch'essa dama d'onore di Antonietta. (Antonietta, riicorda fra l'altro la contessa, <<era sempre pronta a lasciarsi affascinare dallo sfolgorìo>> e Lucie era piena dii grazia e sfolgorante; purtroppo, ancora molto giovane, morì di una morte tragica.) Diversi altri parenti di Henriette ricoprivano incarcichi a corte, e a causa di questi legami il matrimonio di Henriette con il conte de a Tour du Pin de Gouverenet fu celebrato nella cappella di Versailles. 

La principessa di Hénin, sua zia, portò Henriette da un maestro di ballo di Parigi, un certo M. Huart, che era abituato a preparare le giovani dame per la presentazione a corte. <<E' impossibile concepire una cosa più ridicola di quelle prove generali di presentazione>>, scrisse la contessa nelle sue memorie. <<M. Huart, un uomo corpulento, con i capelli bene acconciati e bianhi di cipria, indossva una specie di sottogonna a grandi sbuffi e stava in piedi all'estremità di una sala, come a rappresentare la regina.>> Il maestro mostrava a Henriette quando sfilarsi il guanto e innchinarsi per baciare il lembo dell'abito della regina, come avanza re con dignità attraverso la sala, come prosternarsi con grazia nonostantte l'ingombro del guardinfante e dell'abito. 

Arrivò il giorno della presentazione e Henriette era abbigliata col suo speciale abito bianco tempestato di perle e di fregi d'argento, e portava intorno al collo <<sette od otto giri di grossi brillanti>> che Antonietta le aveva dato in prestito per l'occasione. Altri brillanti splendevano sul suo capo. <<Grazie ai buoni ammaestramenti di M. Huart>> ricordò in seguito, <<feci le mie tre riverenze molto bene. Mi sfilai il guanto e me lo rimisi in modo non troppo impacciato. Poi mi feci avanti per ricevere l'abbraccio di accoglienza del re e dei suoi fratelli, dei principi>> e di alri illustri personaggi della corte. Anni dopo, la contessa ricordava quanto imbarazzante ed estenuante era stata per lei la cerimonia. Benché fossero presenti molti dei suoi cari, e benché l'affetto per sua madre predisponesse la regina as accoglierla calorosamente, aveva pur sempre porvato la sensazione di passare, per così dire, sotto le forche caudine, <<osservata con attenzione dall'intera corte e fatta a pezzi da tutte le malelingue.>>




Cappella di Versailles


Ogni domenica prendeva posto con le altre nella sala adiacente alla camera da letto di Antonietta, in attesa del segnale di entrare per la cerimonia dell grande toilette. La sala era sempre piena, ricordò nelle sue memorie; in attesa c'erano almeno quaranta donne, e spesso di più. <<A volte stavamo strette>>, scrisse, <<perché i nostri guardinfanti occupavano molto spazio.>> Quando nella camera da letto entravano la principessa di Lamballe, e subito dopo la prima dama d'onore e la responsabile dei vestiti, le dame capivano che la cerimonia sarebbe presto incominciata. 

<<Appena la regina aveva salutato ciascuna di noi nel suo modo incantevole e gentile, la prota veniva riaperta e tutti venivano ammessi. Noi ci metavamo, in piedi, lungo il lato destro e lungo il lato sinistro della camera in modo da lasciare uno spazio sgombro dinnanzi alla porta e al centro della camera stessa.>> Spesso le dame dovevano allinearsi in due o tre file, comprimendo i guardinfanti l'uno con l'altro e spiegazzando le gonne degli abit, in attesa che il corteo prendesse avvio in direzione della cappella. Un giorno Henriette fu presentata all'ambasciatore di Gran Bretagna e, conoscendo l'usanza inglese gli strinse la mano. 

le udienze della domenica mattina continuavano fino alle 12.40, quando il domestico in livrea avanzava nuuovamente fino alla porta e annunciava: <<Il re!>>. Udito questo annuncio, Antonietta, <<andava inncontro al sovranocon un'incantevole espressione di gioia e di dieferenza. Il re chinava il capo a destra e a sinistra e aveva uno scambio di parole con alcune dame di sua conoscenza, mai però con quelle giovani>>. Data la sua estrema miopia, Luigi XVI, ricordava Henriette, era in grado di riconoscere soltanto coloro che gli stavano molto vicini. 

Il corteo che si formava per raggiungere la cappellaera quanto mai articolato la domenica, e i visitatori stranieri amavano andare a Versailles per assistere, se possibile, al suo passaggio. Apriva la processione il primo gentiluomo della camera da letto del sovrano, seguito dal capitano delle guardie; poi venivano il re e la regina, che procedevano abbastanza lentamente perché fosse loro possibile scambiare qualche parola con ciascuno dei dignitari della corte quando gli passavano davanti. <<Spesso la regina conversava con le dame straniere che le erano state presentate in privato, con artisti e con letterati. Una sua inclinazione del capo o un suo benevolo sorriso venivano accolti con gioia dai destinatari e il loro ricordo era gelosamente custodito a garanzia in vista di un possibile bisogno futuro.>> Dietro il re e la regina avanzavano le dame di corte di posizione più elevata; quelle di posizione meno elevata costituivano la retroguardia. 

Percorrere in tutta la sua lunghezza la Galerie des Glaces senza inciampare nello strascico della dama precedente richiedeva una considerevole abilità. Non bisognava mai sollevare i piedi dal parquet, ma piuttosto dcivolsrci sopra alla maniera dei cigni sull'acqua, senza mai guardare il pavimento ma facendo attenzione a evitare i metri e metri di velluto e taffetà e seta che turbinavano dappertutto e minacciavano continuamente di provocare incidenti. Percorso senza intoppi il lungo corridoio, ciascuna delle dame <<gettava il suo strascico su uno dei guardinfanti e, facendo in modo di essere vista dalla sua cameriera in attesa con uuna grande borsa di velluto rosso, frangiata d'oro, si precipitava in una delle navate laterali della cappella, cercando di trovar posto quanto più vicino possibile alla navata centrale ove erano il re e la regina>>. 

Dopo la messa e dopo il pranzo, Henriette e le altre dame erano finalmente libere di prendere congedo, anche se l'etichetta le obbligava a fare brevi visite ai conti di Provenza e d'Artois, nonché alle zie del sovrano, prima di ritirarsi nei loro appartamenti.  A Henriette piaceva far visita al duca d'Artois, la cui giovinezza e prestanza avevano su di lei un notevole fascino. <<Si facevano grandi sforzi per essere ben viste da lui>> ricordò nelle sue memorie, <<perché riuscirici era una garanzia di notorietà>>. Dopo queste visite d'obbligo le dame potevano starsene per loro conto alcune ore e, nei loro appartamenti, si sbarazzavano dei rigidi abiti formali, pranzavano e ricevevano amici e amiche,.

Durante le partite a carte era di rigore la loro presenza. <<Dovevamo essere lì prima delle sette>>, scrisse la contessa, <<perché la regina faceva il suo ingresso prima che l'orologio finisse di rintoccare le ore. Accanto alla porta da cui arrivava stazionava uno dei parroci di Vrsailles, che consegnava ad Antonietta una borsa con la quale la regina si aggirava tra gli ospiti, sollecitandoli a fare le loro elemosine con le parole : "Per i poveri, di grazia">>. Ogni dama era tenuta a contribuire con una moneta d'argento, ogni gentiluomo con un luigi d'oro. 

Molti anni dopo il periodo del suo servizio a corte, quando le glorie di Versailles erano da tempo trramontate, la contessa de la Tour du Pin e altri memorialisti rievocavano con una sorta di commossa nostalgia lo spendore degli abiti di seta e il luucchichio dei brillanti, la magnificenza dei grandi teatri di palazzo, tutti dorature e cristallerie, illuminati da migliaia di lampadari, gli splendidi saloni da ballo trasformati in foreste grazie a un magistrale impiego delle decorazini di cartapesta e dei fiori artificiali, la galanteria degli uomini e l'elegante portamento delle donne. Le cene, scrisse la contessa, erano la quintessenza di quella squisita cultura di serra. Gli invitati, rigorosamente selezionati in base alla loro educazione, il loro spirito e al loro savoir faire mondano, nonché alla loro capacità di trovarsi a proprio agio in un'eletta compagnia, arrivavano alle nove e mezzo. 

Quelle serate erano il trionfo dei buoni cibi, della conversazione scintillante, della grazia sofisticata, sfumata di flirt e di allettamenti. L'orchestra suonava, il vino scorreva, si rideva di cuore, la vita era molto dolce. La conversazione durava fino a molto tempo dopo la mezzanotte, quando le candele si estinguevano e le dame, sbadigliando al riapro dei ventagli incrostati di gioielli, venivano riaccompaagnate nelle camerette loro assegnate, ove schiacciavano un pisolino di una o due ore prima che sorgesse l'alba. 

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Marie Antoinette - Shopping Scene (Sofia Coppola, 2006)