domenica 28 agosto 2016

Maria Antonietta. Capitolo 3

Maria Antonietta. Capitolo 3



Maria Antonietta



Alle giovani arciduchesse si insegnava a seguire l'esempio materno, vestendosi semplicemente quando non dovevano comparire in pubblico. Maria Teresa in famiglia, indossava abiti semplici e cuffie di merletto; quanto al suo abbigliamento formale di corte, era economa e pratica: <<Per tutte le funzioni di corte occorrono abiti elaborati>>, scrisse una volta, <<ma ciò non rende necessario un ampio guaradaroba, poiché si può indossare lo stesso abito per venti giorni di fila>>. Maria Teresa vincolò i figlin a un modello di austerità anche per quanto riguardava il mangiare e il bere. Perfino nei banchetti più sontuosi, in cui le lunghe tavole traboccavano di carni, pasticci e dolci e gli invitati menavano vanto della quantità di vino che potevano tracannare, il ministro di stato sassone conte Pflug, si gloriava di saper bere dieci bottiglie di vino in un solo pasto - l'imperatrice mangiava e beveva parsimoniosamente, mordicchiando fettine di arancia e di limone e sorseggiando limonata da un calice d'oro.


Regalità significa respondabilità, dovere, abnegazione costante: non c'è posto per il lassismo e la debolezza, né per l'autoindulgenza del vizio. In tutto ciò che faceva, Maria Teresa offriva un modello di autodisciplina ferrea, quasi sovrumana.

Maria Antonietta era estremamente affezionata alla madre e desiderosa di compiacerla, e ciò, unitamente al suo carattere remissivo, faceva di lei una figlia modello. Non aveva nulla della truculenza del litigioso fragtellon Leopoldo, nulla della cocciutaggine e dell'altezzosità del fratello Giuseppe. Da molti punti di vista era figlia di sua madre: graziosa, ben fatta, femminile, dotata di una sppontateità e di un fascino che conquistavano. Di sua madre le mancavano la forza di volontà, la fermezza di propositi e l'eccezionale intelligenza, doti che possedeva sua sorella Carolina; ma Carolina era una ragazza grande, ossuta e goffa, col volto turato e un'espressione severa, mentre Antonietta era delicata e snella; con lineamenti aggraziati e una carnagione levigata e rosea. Quando raggiiunse i cinque o sei anni d'età apparve chiaro che Antonietta sarebbe stata la bellezza della famiglia, la sua avvenenza, un pò da bambola, superava quella delle sue sorelle più attraenti, la volitiva Amalia, e la sventurata Elisabetta, la cui bellezza fu disastrosamente rovinata dalle cicatrici del vaiolo.


I festeggiamenti per il matrimonio di Giuseppe (che la madre aveva soprannominato Starrkopf, il Testardo) con Isabella di Parma, nipote di re Luigi XV di Francia, si protrassero per giorni e giorni, con un vertiginoso succedersi di balli e banchetti e sfarzose rappresentazioni all'aperto. Il corteo nunziale, estremamente lungo, impiegò molte ore per coprire il suo itinerario nelle strade di Vienna: la magnifica berlina argentata e dorata dell'arciduca era seguita da decine e decine di carrozze di aristocratici, tutte piene di decorature e di ornamenti, e ciascuna con imponenti parglie di cavalli e postiglioni in livrea.


Isabella di Parma

Isabella era un'anima tormentata che, con vergogna, aveva concepito una passione molto più forte per la sorella di suo marito, Cristina, che per lui. Un legame lesbico era impensabile alla corte di Maria Teresa, con il clia di rigida moralità che la contrassegnava, e la sventurata Isabella non tardò a rimaner preda di una malattia mentale. Cominciò a udire  voci, <<La morte mi parla con una voce segreta ma distinta che risveglia nella mia anima una docle soddisfazione>>, diceva a Maria Teresa e ai suoi familiari inorriditi. La morte la ossessionava, e alla fine ebbe ragione di lei. Quattro anni dopo aver sposato Giuseppe essa morì di vaiolo, quache giorno dopo aver partorito un figlio morto.

Giuseppe si risentì ancora di più quando scoprì che doveva scegliere fra le repellente Cunegonda di Sassonia e la bassa, tozza e foruncolosa Giuseppina di Baviera. <<Preferirei non sposare né l'una né l'altra>>, annunciò l'erede al trono di sua madre, <<ma siccome hai tu il coltello dalla parte del manico sceglierò Giuseppina perché, da quello che ho sentito, ha almeno un bel seno>>.


Giuseppina di Sassonia

Dopo un matrimonio funereamente tetro, Giuseppe rifiutò di avere a che fare con la sventurata sposa: umiliandola, con pubbliche manifestazioni di indifferenza. A chiunque gli facesse domande sul suo matrimonio rispondeva di trovare Giuseppina <<insopportabile>>, con denti orribili e un corpo informe e privo di qualsiasi attrazione <<Vogliono che faccia dei figli>>, esplose una volta <<Come è possibile? Se potessi posare l'indice su una parte del suo corpo anche piccola, che non sia coperta da foruncoli, tenterei di fare un figlio>>, Giuseppina, senza figli e, cosa altrettanto triste, senza amici, scompariva nei suoi appartamenti e piangeva.

Sull'altare dell'ambizione dinastica il turno di sacrificarsi toccò a Leopoldo. I festeggiamenti per il suo matrimonio - sposò l'infanta di Spagna - Luisa, furono però guastati dall'improvvisa morte di suo padre, l'imperatore Francesco. Antonietta non assistette alla cerimonia nunziale, ma assai probabilmente la associò alla memoria con la morte del genitore, che piombò la corte in un lutto prolungato e provocò in Maria Teresa un profondo cambiamento.


Maria Carolina


Energica e positiva per natura , benché afflitta da periodiche depressioni, l'imperatrice pareva aver perso completamente il suo coraggio; sedeva da sola negli appartamenti parati a lutto, con i capelli tagliati corti, abbandonandosi a pensieri sempre più morbossi, parlava perfino di entrare in convento. Per la figlia di nove anni, anch'essa addolorata per la morte del padre, la trasformazione dovette essere sconvolgente, specie quando Maria teresa ordinò che la bara a lei destinata fosse posta accanto a quella del marito nella cripta della chiesa dei Cappuccini. L'imperatrice trascorreva buona parte di ogni pomeriggio nella cripta, seduta vicino al sepolcro del marito, pregando e piangendo.

L'unico tempo che contava, per lei, era quello che trascorreva con suo marito. <<L'Imperatore Francesco I, mio marito>>, scrisse nel suo libro di preghiere, <<morì la sera del 18 agosto alle nove e mezzo, visse 680 mesi, 2.958 settimane, 20778 giorni, ossia 496992 ore. Il nostro felice matrimonio durò ventinove anni, sei mesi e sei giorni 1450 settimane, 10781 giorni ossia 258744 ore>>. Questi calcoli del rempo divennero una litania del suo lutto, parte integrante dei diversi riti d'afflizione che formavano le sue giornate.

Dopo le nozze di Leopoldo, restavano dieci figli, ma la maggiore Anna, non avrebbe mai potuto trovar marito per la debolezza fisica e le frequenti malattie, e anche Elisabetta aveva ben poca speranza di arrivare al matrimonio, dato che aveva il volto butterato dal vaiolo. A entrambe le giovani furono conferite cariche religiose titolari: ad Anna come baedssa di Praga e a Elisabetta come badessa di un convento di Innsbruck: esse però continuarono a vivere alla corte materna.

Quando Cristina andò sposa al duca di Teschen, Alberto, l'imperatrice lo nominò governatore d'Ungheria, facendo in modo che Cristina rimanesse abbastanza vicina a lei, a Pressburg. Ed ebbe la consolazione di sapere che Cristina e Alberto si amavano molto. Il loro fu un matrimonio felice, in netto contrasto con il triste legame fra Giuseppe e Giuseppina. Quest'ultima, poco dopo, si ammalò di vaiolo e morì. Causando indirettamente un altro decesso nella famiglia imperiale quando nl'arciduchessa Giuseppina, sua cognata, contrasse il morbo nel corso di una visita al suo sepolcro nella cripta di famiglia.

Un'impressione ancora più favorevole suscitò a un ballo che si svolse nell'ottobre 1769. C'erano quarantamila invitati, tutti ansiosi di vedere la figlia minore dell'imperatrice, la fanciulla vincente, non ancora quttordicenne, che era stata scelta come sposa del delfino di Francia. Facevano a gara per trovarsi in prima fila quando Maria Teresa passava per le sale stipate, con Antonietta al fianco. L'imperatrice camminava lentamente e con una certa difficoltà, impacciata dalla crescente ocesità, respirando evidentemente a fatica. Un attacco di vaiolo, due anni prima, le aveva indebolito il cuore e compromesso l'equilibrio nervoso; la sovrana appariva invecchiata e spossata.

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mercoledì 24 agosto 2016

Maria Tersesa d'Austria. L'impero barocco. Parte 2


Maria Teresa d'Austria

Nella sala delle cerimonie della biblioteca di corte che egli stesso volle far costruire, l'imperatore Carlo VI è raffigurato in posa statuaria. durante le processioni del Corpus Domini, nel corso delle quali la pietas austriaca era esternaya con sfarzo barocco, la maestà terrena incedeva bensì dietro quella divina, ma sotto lo stesso baldacchino. Carlo VI si presentava nella tenuta di gala a suo tempo in voga nella corte di Spagna: non vestito di nero, ma di rosso e oro, con in capo un cappello dorato di piume ondeggianti. L'imperatore Carlo VI, che aveva cominciato la Guerra di successione spagnola ancora come re di Spagna, perdette il titolo ma conservò, con l'etichetta di corte spagnola, l'intera sua tipica cerimoniosità. Suo modello fu Filippo II, che aveva sentito i dovere di dimostrare la propria maestà sottolineandone i tratti dell'inaccostabilità e dell'inflessibilità.

Carlo VI anche nel momento della morte s'imputò perché gli fosse reso il dovuto rispetto: quando gli impartirono l'estrema unzione fece notare, seccato, che erano state acese due candele soltanto, anziché le quattro che gli spettavano. Lo spagnolesco costume di corte rivestiva un uomo cui quell'abito non stava soltanto bene, ma corrispondeva anche, per vari aspetti, al suo carattere. Il nero, colore dominante dell'abbigliamento di corte spagnolo, si adeguava perfettamente al suo umore serio, a volte cupo. La formale compostezza di quel colore, che induceva al comportamento controllato e nauseato, assecondava la sua natura riflessiva, talvolta perfino pigra e lenta. Così ebbe modo di conoscerlo Maria Teresa: il padre premuroso della cerchia familiare, che si chinava per accarezzare la sua Teresina. Il destino risparmiò a Maria Teresa, far i tratti tipici degli Asburgo, sia la malinconia, sia il labbro inferiore sporgente. Il fascino muliebre, ammirato nella figlia, era invece già stato apprezzato nella madre.

<<La regina è bella e questo mi rende felice>> aveva registrato l'imperatore Carlo VI - allora ancora re Carlo III di Spagna - nel suo diario, quando il 28 luglio 1708 aveva accolto la sposa diciassettenne. Il nonno di lei, duca Anton Braunschweig - Wolfenbuttel, era un piccolo signore feudale dalle grandi ambizioni. Pur di vedere la nipote nelle vesti di regina di Spagna, si era dato da fare ricorrendo a tutti i mezzi, nobili e non. Per poter sposare un Asburgo, la giovane aristocratica protestante del casato dei Welfen, aveva dovuto farsi cattolica. La politica dinastica condizionò anche le combinazioni matrimoniali degli Asburgo. Nel caso dei secondogeniti, tuttavia, i criteri della scelta non erano così rigorosi come per i principi ereditari delle terre del casato d'Austria o del trono imperiale romano - tedesco. Per il re del Portogallo. La principessa portoghese era morta prima delle nozze, e allora si era mirato a perseguire un altro e più immediato scopo. Da un'unione fra un Asburgo e una Wolfen, che si sarebbe potuta interpretare anche come un atto di conciliazione fra cattolici e protestanti, Vienna aveva sperato di poter conseguire effetti positivi per la posizione del Kaiser (l'imperatore) nel Reich (l'impero).

Il matrimonio fra Carlo ed Elisabetta fu felice. La loro armonia non fu molto turbata nemmeno dalla maggior disgrazia che potesse colpire una coppia di sovrani, cioè la mancanza di un erede maschio. Dopo il piccolo Leopoldo Giovanni, nato e morto nel 1716, vennero al mondo soltanto femmine: nel 1717 Maria Teresa, nel 1718 Maria Anna e nel 1724 Maria Amalia (che morì poi nel 1730). Fu un marito e un padre di famiglia migliore di quanto si fosse solitamente abituati in quell'epoca e in quegli ambienti. Ci teneva alla pace domestica: <<Pomeriggio passato in compagnia di moglie e figlie; cordialmente, allegramente>> annotò il 28 febbraio 1724. Quando era assieme alle sue donne, non aveva bisogno di assumere gli atteggiamenti e i comportamenti che gli imponeva la sua cronaca pubblica. Maria Teresa crebbe così in una famiglia che aveva, il dovere di rappresentare il casato d'Austria, ma fra le cui quattro mura si viveva spensieratamente, a volte perfino chiaramente, come in una qualsiasi casa borghese di Vienna.

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Maria Teresa d'Austria. L'impero Barocco. Parte 1

L'IMPERO BAROCCO


Carlo VI


All'alba del 13 maggio 1717 la campana maggiore della Chiesa di Santo Stefano, a Vienna, annunciò un lieto evento nella casa regnante. La neonata arciduchessa fu battezzata con i nomi di Maria Teresa Walburga Amalia Cristina. Sull'altare eretto nella sala dei Cavalieri, erano state disposte: una spina della Corona, un chiodo della Croce e una polla di vetro con sangue del Redentore. Anche l'ultima nata della dinastia fu battezzata come Gesù Cristo, e cioè con l'acqua del Giordano. Durante il rito fu ricordata la figura della santa patrona e si espresse l'auspicio che la neonata seguisse le orme di Teresa d'A'vila, la spagnola che si era dedicata a Dio senza rinunciare a essere donna.

A Maria Vergine fu resa gratitudine con la donazione di una statua d'oro puro raffigurante la Magna Mater Austria e in sembianze infantili. Per l'impero e per il mondo fu invece coniata una moneta. Rappresentava la neonata infilata in una cornucopia sorretta da una figura femminile simboleggiante la speranza, e corredata dalla scritta: Renascens spes orbis, la rinascente speranza del mondo. L'imperatore Carlo VI e l'imperatrice Elisabetta Cristina, nata principessa di Braunschweing-Wolfenbuttel, dopo otto anni di matrimonio, avevano dato alla luce, nel 1716, un erede al trono, Leopoldo Giovanni, ma il piccolo era vissuto solo sette mesi. LA nascita della bambina fu sottolineata senza eccessivo sfarzo. Quella di Leopoldo Giovanni, il teorico successore al trono, era stata festeggiata nei giardini della Favorita, con la rappresentazione di un'opera sull'acqua, Angelica vincitrice di Alcina e in tutta Vienna con fuochi d'artificio.


Elisabetta Cristina


Se la Hofburg era una composizione eterogenea di elementi architettonici di epoche e stili diversi, così anche la struttura del Reich asburgico. Il nucleo che nel XIII secolo, sotto Rodolfo d'Asburgo, si era formato attorno a una roccaforte, la città di Vienna, si era talmente estesa da assumere nel XVIII secolo proporzioni splendide e imponenti. E mentre ala Hofburg era stata arricchita dalla biblioteca di corte, della scuola d'equitazione spagnola, e dell'ala che fungeva da sede della cancelleria imperiale, il Reich da parte sua era dilagato ingrandendosi in ogni direzione. Il padre di Maria Teresa, assunta nel 1711 l'eredità del fratello Giuseppe I nell'impero romano - tedesco e nei territori austriaci della corona, non poté dunque rinnovare i fasti dell'impero di Carlo V. Carlo VI si trovò tuttavia a governare su un complesso di territori che costituivano in ogni caso una grande potenza continentale. Carlo VI, secondo figlio dell'imperatore Leopoldo I, era nato nel 1685, ancora arciduca aveva assistito alla ricacciata degli Ottomani lungo i Balcani, all'estendersi dell'Austria verso sudest e alla riconquista di quell'Ungheria di cui gli Asburgo portarono il titolo reale fin dal 1526. Tre mesi dopo la nascita di Maria Teresa, il 18 agosto 1717, il principe Eugenio di Savoia conquistò Belgrado, la fortezza turca sul Danubio. Dalla guerra di successione spagnola, all'Asburgo era stata attribuita la sovranità su alcuni paesi che erano stati in precedenza assoggettati alla Spagna. Nel 1714, con la pace di Rastatt l'Austria si era infatti vista assegnare i Paesi Bassi, Milano, Napoli e la Sardegna. L'Austria raggiunse in quel momento la sua massima estensione e l'apice della sua potenza. Non tutte le acquisizioni sarebbero state facili da conservare.

L'Austria inferiore e quella superiore, la Stiria, la Corinzia e la Craina, il Tirolo e Vorarlberg, Trieste e Gorizia, cioè in Svevia e Brisgovia inoltre alla casa d'Austria appartenevano anche la Boemia, la Moravia e la Slesia. Comprese fra i territori direttamente assoggettate al casato degli Asburgo, erano invece l'Ungheria, la Slovacchia e la Transilvania. Il padre di Maria Teresa era titolare di parecchi ducati, dei regni di Boemia, d'Ungheria, nonché di quella corona del Sacro romano impero di nazione tedesca che gli accollava molti oneri e scarso potere. Il sultano aveva tentato di dilagare in Occidente, il re di Francia di assumere il predominio sull'Europa. Ma gli Ottomani erano stati costretti alla ritirata, e i francesi alla rinuncia. Quando - nel 1715 - morì il Re Sole, Luigi XIV, parve salire in cielo la stella dei un <<imperatore sole>>., Carlo VI. A Vienna, sua capitale e residenza, la Chiesa di San Carlo, fu eretta per essere la chiesa dell'impero: timpano alla maniera dei templi greci, capitelli corinzi, colonne come quella di Traiano, con i simboli del trionfo dell'imperatore e l'immagine delle aquile imperiali.


Chiesa di San Carlo. Vienna

La Chiesa dell'impero fu intitolata a San Carlo Borromeo, antesignano della Controriforma. Il motto di Federico III; il primo imperatore asburgico incoronato a Roma nel 1452, parve diventare moneta d'uso corrente e di valore costante. A.E.I.O.U. ovvero <<Austriae est imperiare orbi universo>> (la missione dell'Austria è dominare l'universo mondo). Alcuni contemporanei rivelarono che, in un continente ormai decisamente in marcia verso la modernità, una sintesi secondo lo spirito medioevale e nelle forme imperiali era diventata ormai impossibile. Molti austriaci si chiedevano se l'impero degli Asburgo non fosse semmai in procinto di trasformarsi, in un corpo statale che un giorno non troppo lontano sarebbe stato sufficientemente forte da diventare la potenza dominante in Europa. La parte interna della città di Vienna era ancora ristretta nella cerchia delle fortificazioni. Fuori dalle mura cittadine si sviluppò il nuovo stile imperiali. Alcuni sobborghi erano stati rasi al suolo, per non offrire copertura agli assedianti turchi e per dare agli assediati austriaci la possibilità di dirigere meglio il tiro. Sorse una città fatta di splendidi palazzi, disposti con magnificenza in mezzo a grandi parchi. Il palazzo più straordinario della città era il Belvedere superiore, costruito da Johann Lukas von Hildebrandt per quel principe Eugenio che veniva celebrato come l'Ercole e l'Atlante della monarchia.


Hofburg


La Hofburg era fuori moda e poco confortevole. Secondo la testimonianza di un viaggiatore, era <<di aspetto squallido, specialmente nella corte interna con le stanza dell'imperatore; le mura sono spesse e rozze come quelle di una città, le scalinate buie e prive di decorazioni, le stanze basse e anguste, i pavimenti fatti di comuni assi d'abete, di una qualità che non si troverebbe peggiore nella casa dell'ultimo dei cittadini. Tutto è così semplice da sembrar costruito per dei monaci>>. La Favorita ricostruita alla fine del XVII secolo da un architetto di second'ordine <<non è una particolare magnificenza ed è stata anzi edificata in modo mediocre>> come giudicò quel Johann Basilius Kuchelbecher che non si stancava invece d'esaltare la residenza del principe Eugenio. Grandioso il giardino barocco strutturato more geometrico, nel quale la natura era cioè stata piegata e asservita a una concezione culturale, e dove i viali bordati d'alberi e di cespugli accuratamente potati erano disposti in un ordine degno dell'ambiente di corte, si da sollecitare i dignitari a passi solenni e misurati.


Pietro Metastasio



Il signore di Vienna, città dove la musica risuonava in ogni angolo, era un musicista egli stesso. Era stato istruito alla composizione da Johann Joseph Fux. Suonava il pianoforte <<con la maestria di un professore>>. L'imperatore, usava dirigere personalmente le rappresentazioni delle opere composte dagli artisti di corte. Ai libretti provvedeva, per lo più Pietro Metastasio il poeta cesareo che riuscì, per cinquantadue anni di fila, a mettere in scena prima il padre Carlo VI e poi la figlia Maria Teresa nei panni degli antichi eroi trasfigurati in divinità barocche. Durante il regno di Carlo VI furono ogni anno composte e rappresentate, mediamente, dieci fra grandi opere e oratori. Nel 1716 Lady Mary Wartley - Montagu fu letteralmente abbagliata dallo splendore barocco di una rappresentazione operistica allestita nel teatro all'aperto del parco della Favorita: <<Non si è mai visto, in questo genere, spettacolo più magnificò>> annotò l'aristocratica scrittrice inglese. <<La scena costruita su un ampio canale, si è divisa in due parti all'inizio del secondo atto, così da consentire di scorgere l'acqua sulla quale sono apparse, da diverse direzioni, due flotte composte da piccole imbarcazioni dorate che rappresentavano una battaglia marina. La mente da sola non basta per figurarsi la bellezza di un simile spettacolo>>. Anche nell'Austria barocca <<non tutto va sempre liscio>>. Gli spettacoli erano allestiti all'aperto, gli spettatori stavano seduti sotto la tenda costituita dal ciclo e quando questo apriva le cateratte, lo sfarzo fatto di trucco e parrucche si dissolveva, la rappresentazione doveva essere interrotta, e nella calca di quanti correvano in cerca di riparo la Lady inglese sarebbe stata probabilmente travolta e schiacciata. Poi però l?astro di Apollo tornava a riscaldare quanti avevano la fortuna di essere direttamente esposti ai raggi dell'imperatore -sole. Johann Michael van Loen: <<L
La corte assomiglia a quell'uccello del paradiso che manifesta tutto il suo splendore nel piumaggio>>.

martedì 23 agosto 2016

Maria la sanguinaria. Prefazione

Maria la sanguinaria.

Prefazione


Maria I d'Inghilterra


Non esistono monumenti a Maria Tudor in Inghilterra. Nel testamento la regina aveva chiesto che ne erigessero uno in onore suo e della madre <<a degna memoria di noi>>, ma nessuno si curò di questo desiderio. Il giorno della sua morte, il 17 novembre, lo stesso dell'ascesa al trono della sorella Elisabetta, fu considerato festività nazionale per due secoli; e, prima ancora della scomparsa della generazione che l'aveva acclamata sovrana la contrapposizione tra <<l'oscurità, la brevità e l'odiosità>> del suo regno e <<la gloria, la lunghezza e la prosperità>> di quello di Elisabetta I sarebbe diventata un luogo comune degli storici. Le generazioni successive la chiamarono <<Maria la sanguinaria>> e giudicarono gli anni del suo governo sulla traccia delle illustrazioni del Book of Martyrs (libro dei martiri) di John Foxe: immagini di protestanti buttati in carcere, straziati da ferri alle gambe, brutalmente percossi da feroci aguzzini cattolici e tuttavia sempre assorti in preghiera nell'attesa dell'esecuzione, i volti già illuminati dall'estatica visione del paradiso.


Elisabetta I d'Inghilterra

Maria, in realtà, era un'insperata superstite di infinite sventure sopravvissuta a un'adolescenza travagliata e a vari malanni, al lento supplizio della madre, alle capricciose torture del padre, aveva poi corso micidiali pericoli durante il regno del fratello. Edoardo VI, e aveva infine ottenuto il trono quando le probabilità di vittoria erano tutte contro di lei. I contemporanei videro nella sua trionfale proclamazione una specie di miracolo, ed ella stessa si era da tempo convinta di avere avuto in sorte da Dio il compito di ricondurre l'Inghilterra in seno al cattolicesimo.

Maria regnò con la piena consapevolezza della maestà dei Tudor, facendo fronte con capacità e coraggiosi rischi di una grave crisi economica, di una rivolta civile e di una sommossa religiosa. La sua duttilità stupì gli uomini che la circondavano.

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