sabato 12 novembre 2016

Maria Atonietta. cap IV part. 4



Maria Antonietta


Il 15 aprile Durfort, che era and a to a Parigi, fece ritorno a Vienna alla testa di in lunghissima corteo di carrozze, con oltre cento servitori, paggi e palafreneri. In rappresentanza di Luigi XV, veniva, col sul autorevole seguito di dignitari, a prendere la promessa sposa del delfino. Fra le vettire c'erano due grandissime berline da viaggio, fabbricate per apposita commissione da in carrozziere e sellaio parigino ed eqipaggiate in modo che Antonietta viaggiasse da Vienna a Parigi con il massimo comfort possible. Erano fatto con legni rari, rivestite all'interno di raso; sedili e spalliere erano di velluto cremisi e azzurro. I prezioso ricami - vere e prorie opere d'arte dipinte con l'ago - rappresentavano me quattro stagioni e mazzi di fiori dorati. Durfort consegno' ad Antonietta una lettera del future marito e un altro sul ritratto, un medaglione incrostato di diamanti e dotato di un nastrino per portarlo al collo. Due giorni dopo Antonietta rinuncio' solennemente a ogni diritto sui domini di sua madre e sotto gli occhi impazienti dei dignitari austriaci e dei diplomatici Francesi, scarabocchio', faticosamente la sua firma in calce al documento di rinuncia.

Da anni non si vedevano a Vienna celebrazioni su questa scala; la capitale rimase in festa per diversi giorni, con le strade illuminate di notte e con musica fuochi d'artificio e spettacoli a disposizione di tutta la cittadinanza. Il giorno 18 ci fu un banchetto, offer to stavolta da Durfort a palazzo di Lichtenstein, sede dell'ambasciata di Francia. Nei giardini del palazzo era state costruito un grande tempio di Imene, da cui salivano verso il cielo fuochi d'artificio ancora piu' abbaglianti di quelli della sera precedente. Il giorno dopo, allegra sei del pomeriggio, signori e dame della corte affollarono la chiesa degli agostiniani per assistere alla cerimonia nunziale. In assenza del delfino, il suo posto venne preso dall'arciduca Ferdinando, fratello di Antonietta il quale in ginocchio accanto alla sorella sorridente, le infilo' al dito la fede. La messa fu celebrate dal nunzio pontificio Visconti, poi i cannoni del palazzo imperiale spararono lungamete a salve; il fragore delle esplosioni faceva tremare i muri dell'antica chiesa.

Per spianarle ulteriormente la strada, Maria Teresa le forni' una guida articolata di precise regole, da leggere e rileggere una volta al mese. Le regole ingiungevano ad Antonietta di adempiere ai suoi doveri spirituali, comprese le dovozioni personali del mattino, di fare del suo meglio per conformarsi allegra usanze francesi, di evitare le familiarita' con i subalterni e di non lasciarsi coinvolgere nelle sollecitazioni e nelle lagnanze dei singoli postulanti. Antonietta non doveva prendere initiative, ne' esaudire richieste, ne' most rare curiosita' . <<Non leggere nessun libro, neanche il piu' insignificante, se non hai prima ricevuto il permesso del tuo confessore,>> proseguiva Maria Teresa <<Questo e' un punto particolarmente importante in Francia, perche' in quel paese si pubblicano libri che, pur essendo pieni di una gradevole erudizione, possono nondimeno essere perniciosi per la religione e la morale.>>

Sapeva che a una fanciulla ingenua e fiduciosa sarebbe stato molto difficile , in un luogo come Versailles, tenere la testa a posto e comportarsi con giudizio, anche con la migliore delle guide. Antonietta avrebbe trovato troppe cose che non le erano familiari, troppe tentazioni, troppe voci suadenti che invitavano a percorrere sentieri rischiosi, troppo pochi esempi di innocenza e di decoro. Suo marito non sembrava uomo capace di proteggerla; sembrava anzi, incapace di proteggere perfino se stesso. In fondo, Antonietta, era figlia di sua madre, anche se aveva un carattere dolce. Forse, con l'andare degli anni, avrebbe dato prova della sua tempra.

Il 21 aprile, Antonietta, salì su una delle grandi berline che erano state studiate e fabbricate per consentirle di viaggiare con la massima comodità possibile. Era stata autorizzata a portare con sé, nella sua nuova vita, pochissime cose familiari, qualche oggetto di sua proprietà personale che le era molto caro, abiti sufficienti finché avesse raggiunto il confine con la Francia, il suo cagnolino. Avrebbe viaggiato con lei l'abate Vemond, ma non la contessa Lerchenfeld, che era morta l'anno prima, né alcuno dei servitori che Antonietta conosceva dall'infanzia. Essa portava con sé, però un bene prezioso: le <<Istruzioni ai miei figli per la vita spirituale e per quella temporale>>, composte da su padre. Il breve scritto paterno esortava Antonietta e i suoi fratelli a essere sinceramente cattolici, a coltivare il riserbo e la discrezione, a comportarsi in modo caritatevole con i poveri e a non essere troppo attaccati al lusso. <<Il mondo in cui dovete passare la vita è transitorio>>, ammoniva Francesco dall'oltretomba. <<Nulla è senza fine tranne l'eternità>>. Dobbiamo godere delle gioie di questa vita con innocenza, perché appena ci portano al male, quale che ne sia il genere, cessano di essere gioie>>.

Vi raccomando di destinare ogni anno due giorni alla preparazione per la morte>>, concludeva Francesco, <<come se aveste la certezza che quei due giorni sono gli ultimi della vostra vita, in tal modo vi abituerete a sapere ciò che dovreste fare in simili circostanze, e quando arriverà il momento estremo non sarete colti di sorpresa ma saprete cosa fare>>. Devozione, religione, virtù: questi erano gli ideali di Francesco. <<Vi raccomando di leggere queste istruzioni due volte all'anno; vengono da un padre che vi ama sopra ogni cosa, e che ha ritenuto necessario lasciarvi questa testimonianza del suo tenero affetto, un affetto che non potrete ricambiare meglio che amandovi tra voi con la stessa tenerezza con cui egli vi ama>>.

La berlina si avviò lentamente, poi prese un'andatura un po' più celere. Molta gente era scesa nelle strade per veder passare la delfina nella sua sfarzosa vettura; i viennesi acclamavano Antonietta, agitando le mani e gridandole il loro augurio. Quelli dotati di una vista acuta notarono che aveva le guance bagnate di lacrime. Si era abbandonata sulla spalliera di velluto, <<coprendosi gli occhi, a volte con il fazzoletto, a volte con le mani; di tanto in tanto si affacciava al finestrino per dare un'ultima occhiata al palazzo dei suoi avi, in cui non avrebbe mai più messo piede>>. Il grande convoglio di carrozze che scortava la sua berlina si allungava sulla strada fangosa per diverse miglia; i battistrada a cavallo erano avvolti in grigi mantelli, che nascondevano alla vista le loro brillanti uniformi azzurre e gialle, perché aveva cominciato a cadere una fredda pioggerellina primaverile. La folla si diradò, poi Vienna scomparve in lontananza.

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