giovedì 19 ottobre 2017

Dracula. Un principe e i suoi figli. Ladislao, re di Polonia e d'Ungheria. Giovanni Hunyadi, difensore del confine transilvano. Vlad Dracul, prigioniero dei Turchi. Il disastro di Varna

Dracula

Un principe e i suoi figli

Ladislao, re di Polonia e d'Ungheria



Ladislao il Jagellone 


La morte dell'imperatore-re gettò l'Ungheria nell'anarchia. La regina Elisabetta, incinta, mantenne il trono per tre mesi e poi diede alla luce un figlio, Ladislao, detto <<il Postumo>>, che avrebbe ereditato la corona. Era però necessaria una reggenza e fu al nuovo duca d'Austria, Federico d'Asburgo (eletto re di Germania nel febbraio 1430, poi imperatore), cugino di secondo grado di Alberto, che si rivolse al partito di Elisabetta. Ma la maggioranza della nobiltà ungherese scelse invece Leopoldo II, re di Polonia (1434-1444), ed Elisabetta dovette rifugiarsi a Vienna. Il paese aveva bisogno soprattutto di un scovrano energico che fronteggiasse il pericolo esterno. 

Ladislao Jagellone, nuovo re d'Ungheria e di Polonia nominato re a Buda nel gennaio del 1440 (ma incoronato solo in luglio), era deciso a combattere i Turchi senza tregua graie alla fusione delle risorse militari dei suoi regni. Pur combattendo contro Federico III e suoi partigiani lungo il confine occidentale dell'Ungheria, Ladislao riorganizzò anche la difesa meridionale del paese. Per far ciò si ispirò al modello che i suoi predecessori sul trono della Polonia - Lituania, avevano, attuato contro la minaccia tartara, in special modo in Podolia. Questa regione, conquistata ai Tartari dal granduca Oligierd di Lituania nel 1362-1363, era stata affidata a tre fratelli, appartenenti alla famiglia dei Korjatowicz, con l'incarico di organizzarvi la difesa e la colonizzazione. Nel 1430, al momento dell'occupazione della provincia da parte della Polonia, il re Ladislao Jagellone, ripetè l'operazione e vi insediò la famiglia Buczacky, rappresentata dai fratelli Michele, Teodorico e Michal-Muzylo, che riunivano nelle loro mani le stesse funzioni politiche e militari dei Korjatowicz un secolo prima. 

Giovanni Hunyadi, difensore del confine transilvano



Nel 1440 il problema vitale, per l'Ungheria era la difesa del confine meridionale delimitato dal Danubio, la Sava e i Carpazi meridionali. Questa zona di oltre ottocento chilometri sboccava a ovest sulla Croazia e la Slavonia che erano nelle mani dei maggiori partigiani di Federico III. Gli uomini scelti per condurre a buon fine quest'arduo compito di difesa furono Nicola Ujlàki, nominato conte di Temes (Timis), per la parte occidentale; e Giovanni Hunyadi (Iancu de Hunedoara), nominato ban (marchese) di Severino  e voivoda della Transilvania, per la parte orientale. L'anno seguente i duue uomini condivisero parimenti i titoli di conte di Temes e di voivoda della Transilvania. 

Giovanni Hunyadi (1404 o 1405-1456) riuniva un sé l'incontro di diversi mondi. Era nato in una nobile famiglia romena della Transilvania sudoccidentale, dove si trovava la proprietà di Hunydai (Hunedoara, in romeno) donata al padre dall'imperatore Sigismondo per i suoi servigi nelle guerre contro i Turchi (1409). Come molti giovani nobili attirati dal mestiere  delle armi Giovanni aveva prestato servizio agli ordini di vari magnati del regno d'Ungheria, in special modo, del condottiero Filippo de' Scolari, conte d'Ozora, incaricato della difesa del banat (marca) di Severino. Tra il 1431 e il 1433 Giovanni Hunydai fece parte della cerchia del duca Filippo Maria Visconti di Milano, poi passò al servizzio diretto dell'imperatore Sigismondo di Lussemburgo e partecipò alle guerre contro gli Hussari di Boemia. 

Giovanni si fece notare fin dal 1440 per una vittoria contro i Turchi in Bosnia. L'anno seguente, approfittando della treguua che la malattia di Murad II offirva alla Transilvania, intraprese l'organizzazione della difesa della provincia, della quale avrebbe assunto il titolo di voivoda insieme a Nicola Ujlàki. In ottobre, nonstante le proteste di Vlad Dracul, ordinò agli abiitanti di Brasov di aprire nella loro città un'officina per il conio delle monete. In novembre e dicembre i due voivoda si recarono in Valacchia.  

Nel 1442, Hunydai sbaragliò due eserciti ottomani venuti a saccheggiare il paese sotto la guida del goveranatore di Hunyadi, sbaragliò gli eserciti ottomani venuti a saccheggiare il paese sotto la guida del governatore di Vidin e del beylerbey (governatore) della Rumelia, Sehabbedin pascià. Il bottino fu immenso, a un punto tale che il francescano Bartolomeo de Yano scrisse così:
della quale vittoria quelli della Valacchia, e anche quelli che prima erano passati sono tutti ricchi e vestono solo con abiti di seta e drappi d'oro delle spogliazioni e delle vesti dei Turchi sconfitti, che confessano di aver portato via in gran mucchio.

Vlad Dracul, prigioniero dei Turchi



Murad II decise di occupare militarmente la Valacchia per trasformarla in provincia ottomana. Vlad Dracul si trovava totalmente isolato. Da un lato, non aveva avanti la sicurezza del corpo di spedizione ottomana e avrebbe anche attaccato il rimanente dell'esercito dopo la prima disfatta, in Transilvania, il 22 marzo. Dall'altro Giovanni Hunyadi aveva bisogno di un alleato più docile in Valacchia. Con l'appoggio del re d'Ungheria Hunyadi riuscì a insediare  aul trono valacco Basarab II uno dei figli di Dan II rifugiatosi in Transilvania dopo la morte del padre. Abbandonato da Hnnyadi e scacciato dal trono, Vlad Dracul cercò di riprendere i buoni rapporti  con i Turchi. In quuesto frangente venne contattato da un funzionario (subachi o subasi), turco di Giurgio, latore di un salvacondotto del sultano che lo invitava ad Adrianopoli e gli garantiva salva la vita. 

Vlad Dracul accettò l'invito del sultano. Non poteva sperare di recuperare il trono contro della statura di Giovanni Hunyadi, ma contava sulla propria abilità nel convincere Murad II a sostenerlo nelle sue ambizioni. Non appena arrivato a Adrianopoli (luglio-agosto 1442) Vlad Dracul venne introdotto al cospetto di Murad II.:
... il quale a prima vista, lo ricevette molto onorevolmente. Il Turco era installato fuori le mura, con un gran numero di tende e di padiglioniper lui e per i suoi. 
All'indomani dell'arrivo del signore della Valacchia, il suddetto Gran Turco gli organizzò un gran banchetto, al quale invitò tutti i suoi subachi e capitani per festeggiare il signore della Valacchia. E stava quel Gran Turco dentro un padiglione tutto rivestito di velluto color cremisi, ornato e addobbato con ricchi cuscini e cuscinetti drappeggiati d'oro e di seta il quale medaglione era di circa dieci piedi d'altezza, sporgente in avantied elevato affinché (il Gran Turco) potesse vedere i suoi soldati e capitani. E fuori dal padiglione ssedeva per terra su cuscini e tappeti con drappi d'oro il signore della Valacchia, alla destra del Turco, e alla sua sinistra era seduto il bellarbay (beylerbey), che siignifica signore dei signori; e tutti gli altri nnobili erano seduti come in una carovana, da destra a sinistra, il mondo che il Gran Turco  li potesse vedere tutti mentre mangiavano. Indi, terminato il pranzo il Turco si ritirò nella sua granda tenda; poi subito dopo, inviò il subachi che aveva condotto il signore della Valacchia affinché lo facesse prigioniero, come fece, e poi lo portasse nel castello di Gallipoli, che si trova sullo stretto di Rommenia (Dardanelli), dove lo rinchiuse e lo mise ai ferri. E tutti quei signori che erano venuti con il signore della Valacchia per accompagnarlo, il Turco li fece condurre a guidare fino al loro paese, dove raccontarono il gran tradimento da parte del Gran Turco, contro la persona del loro signore, cosa della quale tutti i suoi sudditi rimasero terrificati. Perché capirono e immaginarono bene in cuor loro che il Turco aveva fatto quel tradimento sperando che, senza pastore e senza guardiano, li avrebbe conquistati facilmente. Perché il signore della Valacchia a quel tempo aveva solo un figlio dell'età di tredici o quattordici anni, il quale non era affatto  in grado di condurre un tale regno, specialmente in tempo di guerra; per cui un gran dolore regnava in tutta la Valacchia. 

Alcuni contemporanei aggiunsero che il principe era stato decapitato, altri che i suoi boiardi erano stati spogliati di tuti i loro beni e sostituiti da dei timariot turchi, eccetera. Dopo che Vlad Dracul venne imprigionato, Murad II inviò un nuovo esercito in Valacchia per cercare d'installarvi un'amministrazione ottomana e attaccare di nuovo la Transilvania. Quest'esercito, comandato dal beylerbey della Rumelia, Sehabbedin pascià, fu sconfitto dalle truppe ungheresi e valacche sul fiume Ialomita il 2 settembre 1442. 

Il sultano si vestì di nero e decise di digiunare. Di lì a poco Giovanni Hunyadi gli avrebbe fornito un'uteriore occasione di digiuno. Nel settembre del 1443 mise in piedi, quasi del tutto a sue spese, un esercito di circa 35.000 uomini, per la maggior parte nobili romeni della Transilvania e del Banat, con i quali marciò contro i Turchi sul loro stesso territorio. Si portò appresso alcuen truppe valacche e il loro principe Basarab II, oltre alcuni contingenti serbi del despota Giorgio Brankovic, rifugiatosi in Ungheria. La <<lunga campagna>>, come venne chiamata, durò quattro mesi, dal settembre 1443 al gennaio 1444. Hunyadi riportò parecchie vittorie sugli ottomani, i quali non avevano ancora mai visto un esercito cristiano ai piedi dei monti Balcani. Questa partenza tardiva per la guerra si spiega con le difficoltà nel garantire la tranquillità del fronte occidentale, dove Federico III, spinnto dal papa finì con l'accetare una tregua; bisogna poi aggiungervi le forti esitazioni di Venezia ad armare una flotta che fosse capace di chiudere gli Stretti e la titubanza della chiesa cattolica, dilaniata dal conflitto tra il papa Eugenio IV da una parte e i cardinali del Concilio di Basilea con il loro antipapa dall'altra. 

Nel giugno del 1444 Giovanni Hunyadi ordinò la ritirata generale. Il suo progetto di scacciare i Turchi dall'Europa era rimandato alla seconda parte dell'anno. Il 2 febbraio rientrava trionfante a Buda, dove la Dieta decideva all'unanimità di continuare la crociata. 
Dal canto suo Murad II non rimase inoperoso. Fin dal gennaio del 1444 avanzò delle proposte per un trattato di pace di venti o anche trant'anni, dichiarò di accettare la restaurazione del potentato di Serbia e chiese in caambio la restituzione di molti prigionieri turchi, Murad fece uscire Vlad Dracul dalla prigione di Gallipoli.

Basarab II, il protetto di Giovanni Hunyadi, venne scacciato dal trono e trovò probabilmente la morte durante questi eventi. La Dieta ungherese, riunita a Buda il 15 aprile decretò la chiamata alle armi delle truppe del regno per l'estate, allo scopo di continuare la battaglia contro i Turchi. Questo nonostante l'opposizione dei consiglieri polacchi del re, i quali avrebbero preferito approfittare dei buoni propositi del sultano per mantenere la pace nei due regni. Il despota Giorgio Brankovic, uno dei più ricchi proprietari terrieri dell'Ungheria, concordava con essi nella speranza di recuperare il proprio regno. L'esempio di Vlad Dracul  era contagioso! D'altra parte, il conflitto con Federico III per la corona ungherese era ricominciato e andava complicandosi per alcuni disordini avvenuti al confine con la Boemia. Sembra anche che Giovanni Hunyadi propendesse per un negoziato con i Turchi che strappasse loro il massimo delle concessioni. 
Il 24 aprile 1444 un'ambasciata ungherese e serba partì alla volta di Adrianopoli. Era formata da tre rappresentanti: uno per il re uno per Hunyadi e uno per Giorgio Brankovic. Arrivato ad Adrianopoli in giugno, il 12 dello stesso mese concluse con il sultano un trattato di pace che includeva anche Vlad Dracul, il quale aveva riallacciato i rapporti con il re e con Hunyadi. La situazione di Vlad fu così regolata da Murad II: 
Allo stesso modo (l'ambasciatore del re) ci ha detto che per quanto riguarda Vlad, il voivoda valacco, gli piacerebbe che la pace con lui venisse conclusa in questi termini, cioè, che il suddetto coicoda mi dia in primo luogo il tributo abituale, e che si attenga a tutti i servizi che aveva l'obbligo di rendermi nel passato, tranne il fatto che non sarà più obbligato, come lo era prima, a venire di persona presso la nostra corte. Dunque, per amore di Sua Eccellenza noi accettiamo che non si rechi più presso la nostra corte ma che in cambio ci mandi in ostaggio e liberi quelli tra i nostri che fuggiranno nelle sue terre, così come noi faremo per coloro dei suoi che fuggiranno qui. 

Il trattato venne ratificato dal re Ladislao a Szegedin alla fine di luglio del 1444, non senza aver prima strappato alcune nuove concessioni a Murad II che le accettò, desideroso com'era di passare gli stretti per domare la rivolta all'emiro di Karamania. 
Vlad Dracul assolse coscienziosamente i suoi obblighi, ma, non volendo sacrificare il primogenito Mircea, mandò al sultano due ostaggi al posto ddi uno: Vlad, il futuro Dracula, e Radu; rispettivamente di quaattordici o quindici anni e di cinque o sei anni. Mal gliene insolse, perché il 4 agosto, meno di una settimana dopo la firma del trattato, il re Ladislao, Giovanni Hunyadi e gli altri dignitari ungheresi giurarono solennemente, in presenza del legato pontificio, Giulio Cesarini, cardinale di Sant'Angelo, di muovere guerra ai Turchi a partire dal primo settembre. E' certo che Vlad venne informato troppo tardi di questo voltafaccia, che vece versare molto inchiostro e suscitò aspre controversie. 

In tempi normali i due principini ostaggi avrebbero dovuto soggiornare ad Adrianopoli o a Brasov, come era avvenuto nel 1432, ma la rottura della pace indussse il sultano a trasferirlo il più lontano possibile dal loro paese, a Egrigoz, oggi cantone di Emet, nella provincia di Kutahya.

Il disastro di Varna

Naturalmente anche Vla Dracul fu invitato a prender parte alla campagna di Varna nell'ottobre del 1444. Il principe era però deciso a rispettare il giuramento fatto al sultano, ossia di non attaccarlo, poiché ne dipendeva la vita dei suoi figli. Il cardinale di Sant'Angelo gli propose di assolverlo dal giuramento così come aveva fattto per il re e per Giovanni Hunyadi (ma non valse a nulla, perciò, il legato e il re d'Ungheria, furono molto scontenti>> affermaWalerand de Wavrin. Inoltre, quando l'armata dei crociati passò il Danubio negli ultimi giorni di settembre e si fermò a Nicopoli, Vlad Dracul si presentò davanti al re Ladislao e gli spiegò il suo punto di vista e il bisogno di pace che aveva il suo paese. Ciononostante si dichiarò pronto a contribire alla causa comune e mise a dispposizione del re settemila cavalieri, guidati da suo figlio Mircea. Dopo aver dimostrato in tal modo di essere disposto ai più grandi sacrifici Vlad Dracul  che conosceva fin troppo bene i Turchi informò  il re e i suoi consiglieri che solo per aandare a caccia il sultano usciva con un numero di uomini maggiore di quello di tutto l'esercito dei crociati messo assieme. 

Nella battaglia che il 10 novembre ebbe luogo a Varna il re non seguì i prudenti consigli di Vlad e quando vide i Turchi ritirarsi si lanciò al loro inseguimento. Fu in questa circostanza che il suo cavallo venne ucciso sotto di lui, e che un guannizzero, sbucato dal nulla, gli tagliò la testa. Spaventati e disorganizzati, i cristiani si ritirarono in disordine. Giovanni Hunyadi e i suoi riuscirono a rientrare in Valacchia, il cardinale Cesarini, invece fu dato per disperso, probabilmente morto in battaglia o assasinato dai soldati romeni, allettati dall'oro che trasportava. 
La scomparsa del giovane re di Polonia e d'Ungheria fu un duro colpo per i cristiani. Il sultano Murad ne fece imbalsamare la testa con le spezie, la riempì di cotone, ne fece pettinare i lunghi capelli neri e truccare il volto affinché sembrasse vivo, la conficcò in cima a una lancia, dalla quale pendeva anche il trattato di pace di Szeged, e la ostentò lungo il campo degli alleati, poi in tutte le città dell'Impero. In seguito la mandò come trofeo al sultano mamelucco del Cairo. 

In quel giorno funesto il contingente valacco combatté con coraggio. Mircea, il comandante aveva al massimo sedici anni; lo coadiuvava un precettore esperto che nel 1396, aveva partecipato alla giornata di Nicopoli e conosceva il modo di battersi dei Turchi. Nel cuore della battaglia il sultano mandò un messaggio a Mircea minacciando di uccidere i suoi due fratelli se avesse continuato a combattere, il che causò la ritirata dei Romeni. Questo anche se Vlad Dracul non si faceva più illusioni sulla sorte dei suoi figli, come prova questa lettera che inviò agli abitanti di Barasov: 

"Vi prego di comprendermi poiché ho lasciato uccidere i miei due figli per la pace dei cristiani e affinché io e il mio paese si appartenga al mio signore, il re d'Ungheria"

E, in un certo modo, per lui i due figli erano morti, poiché non li avrebbe mai più rivisti. Ecco perché il principe valacco, nonstante la disputa di Giovanni Hunyadi - che quasi uccise con le proprie mani quando, dopo Varna, quest'ultimo si rifugiò in Valacchia - cooperò appieno con la flotta borgognona giunta l'anno seguente attraverso il Danubio. L'obiettivo illusorio di questa spedizione era quello di cercare il re Ladislao e il cardinale Cesarini, che si diceva fossero ancora vivi. Le otto galere che salparono per congiungersi a Nicopoli con Giovanni Hunyadi e le truppe d'Ungheria erano comandate da Walerand de Wavrin, Regnauld de Comfide e Jacot de Thoisy, capitano della flotta del duca di Borgogna Filippo il Buono - come anche dal cardinale veneziano Condulmieri. In tarda età Walerand de Wavrin raccontò le sue gesta al nipote, lo storico Giovanni de Wavrin, che le inserì nella sua Cronaca dell'Inghilterra. Il racconto si legge come un romanzo di cappa e spada: si susseguono assedi, battaglie contro i Turchi e astuzie per evitare il fuoco della loro artiglieria, scoperte di granai sotterranei contenenti fave, grano e piselli (<<e sembrò a tutti una manna dal cielo>>), tafferugli continui tra romeni e borgognoni per la spartizione del bottino e dei vestiti dei nemici morti, al punto tale che ciascuno se ne portava via un pezzo, chi una spada, un fodero, un arco o una faretra. 

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