venerdì 14 dicembre 2018

Dracula. Ostaggio nel paese ottomano (1444-1448)

Dracula 

Ostaggio nel paese ottomano (1444-1448)



A partire dal 1444, quando aveva quattordici o quindici anni, Vlad Dracula dovette fare i conti, suo malgrado, con un terzo universo; il mondo ottomano dell'Asia minore e poi di Adrianopoli, in Europa. La società nella quale si trovò immerso non assomigliava in nulla e per nulla a quella in cui era cresciuto. Rimase colpito dalla venerazione di cui godeva il sultano da parte dei sudditi, che si consideravano come suoi schiavi. I più alti dignitari di corte potevano cadere in disgrazia oppure essere esiliati; giustiziati, privati dei beni, senza che nessuno osasse mai opporsi. La vita e il cerimoniale di corte concretizzano questa forma di venerazione per il sultano, che veniva circondato da innumerevoli servitori e soldati, tra cui i famosi giannizzeri, riorganizzati da Murad II. 
Tutto ciò impressionò Vlad, che era abituato alla preminenza dei gran signori (jupan) e dei loro clan negli affari dello Stato valacco, al loro spirito fondista, al loro orgoglio e alla loro brutalità. L'instabilità del trono valacco dal 1420 in poi e l'avvicendamento sul trono dei principi sostenuti dalle varie fazioni nobiliari aumentarono il contrasto con la meccanica ben oliata dell'Impero ottomano. Se è vero che in Valacchia gli uomini nuovi potevano raggiungere posti di potere grazie a loro meriti sul campo di battaglia, il peso dell'aristocrazia restava altresì predominante. Questa supremazia era dovuta soprattutto alla forza economica e militare dei clan, in numeri di cinque o sei in tutta la Valacchia, e risaliva ai secoli XIII e XIV. Si trattava, dei discendetni degli knezes e dei voivoda precedenti alla creazione dello Stato. Questi clan erano riusciti a conservare le loro proprietà e ad ampliarle attraverso alleanze matrimoniali, oppure con la forza o anche in virtù di donazioni da parte del principe; tutto ciò a detrimento dei liberi proprietari allodi, il cui peso sulla società valacca andava vieppiù diminuendo. Peraltro, se un boiardo era accusato di fellonia verso il suo principe, ma solo per passare nelle mani di altri membri dello stesso clan. Un nuovo principe poteva sempre intervenire sulle confische avvenute nei regni precedenti al suo, e il costume, stabiliva, persino il divieto ai principi di vendere i villaggi dei boiardi. 
Alla corte del sultano, dove visse almeno un anno, poté osservare la straordinaria varietà di nazionalità che formavano la sua cerchia: nobli provenienti dalle grandi famiglie turche dell'Anatolia, Geci rinnegati, Serbi, Albanesi, Arabi, Africani, Italiani, Persiani, eccetera. L'amore dei turchi per la guerra, per i cavalli e per il loro dio alimentava un'atmosfera strana, quasi eroica. L'impero aveva conquistato così tanti territori e uomini, le sue risorse erano innumerevoli, la sua organizzazione e il suo funzionamento erano così ben rodati, che era difficile immagianrlo sconfitto o anche solo tenuto in scacco. Le città, l'artigianato e il commercio prosperarono, i contadini vivevano di gran lunga meglio che nei paesi cristiani. E anche i sudditi cristiani, chiamati dimmi (<<infedeli protetti>>), non avrebbero rinunciato per nulla al mondo a vivere sulle terre del sultano. 
I Turchi non inducevano i cristiani a convertirsi per forza: si poteva rimanere cristiani e godere della fiducia del sultano e degli alti dignitari. Fu il caso di molti Greci e Italiani, che ne hanno lasciato testimonianza nei loro scritti. 
A partire dal 1447, quando Vlad Dracul concluse la pace con il sultano, i suoi figli vennero trasferiti da Egrigöz alla corte di Murad II. Vlad Dracula e il fratellastro Radu poterono quindi osservare anche la complessità del potere ottomano, Giorgio d'Ungheria, vissuto in Turchia dal 1438 al 1458, descrive il vivaio di giovinetti riuniti alla ccorte del sultano per le cause più disparate: progionieri di guerra, ostaggi dei paesi tributari, figli di cristiani <<raccattati>> per farli diventare giannizzeri: 

Tra questi servitori summenionati, alcuni, a seconda delle qualità di cui hanno dato prova, vengono adibiti alle più alte cariche del regno. E ciò ha come risultato che tutti i dignitari e i principi del regno sono in qualche modo funzionari nominati dal re, di conseguenza il re è il solo signore e il solo proprietario, colui che in tutto il regno può dispensare, distribuire e goveernare i beni, mentre gli altri sono solo organi esecutivi, funzionari e amministratori che eseguono la sua volontà e i suoi ordini. Nel suo regno, non è possibile nessuna opposizione e nessuna resistenza; anzi, uniti in tutto e per tutto come un solo uomo, essi si conformano e si sottomettono al potere unico di un uomo che servono infaticabilmente, e nessuno osa intraprendere nulla senza la sua autorizzazione. E se qualcuno osasse lanciarsi di testa propria in qualche impresa, di grande portata oppure no, verrebbe subito privato di ogni potere, spedito a corte e riabbassato al grado precedente. Quando è il caso, il re può, a piacimento, farlo uccidere, mandarlo in prigione, venderlo o ridurlo in schiavitù, senza tenere in nessuna considerazione al suo rango o la sua persona. 

Vlad rimase colpito da questa società aperta e dinamica, una vera e propria meritocrazia al servizio del solo monarca. Ne analizzò il funzionamento e tentò di applicarlo a Valacchia nel corso del suo regno più lungo, del 1456 al 1462. La <<rivoluzione>> di Calcondila, suo contemporaneo, rileva nei suoi atti.

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